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Il modello firmato Bucci e la ripartenza di Genova

A 5 anni dal dramma, la città non dimentica i danni di Conte e dei 5S. Ma la ripresa è realtà

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Da una parte Luigi, dall'altra Marjus e Admir (detto Edy). Osservando da vicino il nuovo Ponte San Giorgio, ricostruito a tempi di record, sulla «Passerella 14 agosto 2018» colpiscono particolarmente queste due foto che commemorano tre delle quarantatré vittime di Genova. Sopra le due immagini, ci sono anche due corone di fiori e le bandiere di Italia e Albania che si sfiorano una con l'altra a ogni folata di vento che arriva sul torrente Polcevera. Il ricordo del crollo del Ponte Morandi passa anche proprio dalle due barriere verdi laterali che delimitano il passaggio pedonale da via Perlasca a via Trenta giugno 1960. Su una di queste è appoggiato un cartello con al centro il numero 43 in rosso, incorniciato dalla scritta «14 agosto 2018, mai dimenticare».

Passeggiando poi tra i quartieri Sampierdarena e Certosa ci si imbatte inevitabilmente nella «Radura della Memoria»: un'area sottostante al nuovo viadotto che è diventata uno spazio aggregativo destinato soprattutto ai bambini. È proprio qui che l'incontro con Tiziana, una mamma molto cortese, offre la possibilità di guida attraverso il racconto della rinascita del Municipio 5 nell'ultimo lustro. «Qui abbiamo tutto: negozi, ristoranti, scuole, piscine, biblioteche, cinema. La tragedia del Morandi ha perlomeno dato la possibilità ai nostri figli di potere utilizzare questo spazio ludico che mancava». Tra i murales sui palazzi e i tanti turisti che affollano le vie della bassa Val Polcevera, si ha come la sensazione che questa periferia, nonostante le problematiche che inevitabilmente ancora si riscontrano, stia ripartendo. «La ricostruzione del Ponte è stata un toccasana per tutta la città - sottolinea Tiziana -. Certo, non può bastare questo per completare la riqualificazione del quartiere, ma noi genovesi abbiamo dimostrato di sapere reagire».

Lo testimonia del resto l'inaugurazione lampo del San Giorgio, datata 3 agosto 2020. Un'impresa che, tra i tanti, ha visto come protagonista soprattutto il sindaco Marco Bucci. Grazie alla sua gestione di Commissario straordinario per la riedificazione dell'opera, è stato messo in atto il cosiddetto «modello Genova»: rispettando pienamente il Codice penale e i regolamenti antimafia, c'è stata la possibilità di ricorrere a una procedura negoziata, in linea con le disposizioni comunitarie: lo strumento della manifestazione di interesse ha così consentito di superare la gara d'appalto tradizionale. Con questa regolare procedura tutte le tappe intermedie burocratiche sono state bruciate e, in meno di due anni dal crollo, il Viadotto di Genova è stato tirato su. Per un «miracolo» che dovrebbe essere esportato anche fuori dalla Liguria.

Ma in tutto questo, naturalmente, i parenti delle vittime chiedono ancora giustizia. Egle Possetti, presidente del Comitato che li rappresenta - in attesa della fine del processo - non dimentica il grave errore politico di Conte e dell'allora ministro Toninelli. «Quando è capitata la tragedia, io li ascoltai dire che volevano revocare la concessione ad Autostrade. Quello che bisognava fare, in realtà, era annullare il contratto: dare in affidamento la gestione della società a un commissario in modo che gli utili venissero accantonati fino a fine processo. Invece no». Il successivo governo Conte 2 raggiunse l'accordo per l'ingresso di Cassa depositi e prestiti in Aspi. «Abbiamo riempito questa società di miliardi, tra la valutazione dell'azienda, l'accollo dei debiti da questi contratti e i vari ristori. È una cosa che a noi ha lasciato allibiti - conclude Possetti -. Vorrei che questa tragedia possa porre l'attenzione sull'importanza della manutenzione nelle infrastrutture affinché le persone possano viaggiare in modo sicuro».

Con la speranza che questo dramma non venga ricordato solamente ogni 14 agosto.

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