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Modello Vendola: duemila euro per un litro di disinfettante

Ogni azienda sanitaria pugliese sborsa il doppio rispetto al resto d'Italia. E l'11% dei pugliesi rinuncia a curarsi

Modello Vendola: duemila euro per un litro di disinfettante

Il velo sugli sprechi della sanità pugliese l'ha sollevato la Guardia di finanza di Foggia. Dopo mesi di controlli ha scoperto che l'Azienda sanitaria cittadina per tre anni aveva pagato 1.600 euro più Iva al litro (in totale quasi 2.000 euro) il disinfettante per sale operatorie che ne costava 60. Un ricarico pazzesco. Le Fiamme gialle hanno indagato una decina di persone tra dipendenti dell'Asl e imprenditori del settore sanitario, ne hanno messe due ai domiciliari, hanno sequestrato beni per 1,6 milioni di euro e hanno accertato un giro di mazzette.

Ma la domanda vera è un'altra: possibile che a nessuno sia sembrato strano sborsare 2.000 euro per un litro di disinfettante? Né a Foggia né a Bari, negli uffici della regione governata da Nichi Vendola, sono suonati campanelli di allarme. Tutto normale, paga Pantalone mentre Vendola sbandiera i risultati della sanità pugliese: macché sprechi, nel 2012 e nel 2013 la gestione si è chiusa in attivo. In realtà la sanità modello Vendola è a sua immagine e somiglianza: chiacchiere senza fine per coprire le inefficienze di un sistema tenuto in piedi dalle spremute fiscali.

Per il leader di Sinistra ecologia e libertà il ticket sanitario era un «balzello medievale». Evidentemente si è sentito un feudatario quando ha imposto un tributo di un euro per ogni ricetta farmaceutica e di 10 euro per prenotare ogni visita specialistica. La stangata dei ticket si è aggiunta alla spremuta fiscale dell'addizionale regionale Irpef e Irap che Vendola introdusse perché doveva ripianare il deficit sanitario. Ora i conti non sono più in rosso, ticket e addizionali dovrebbero sparire, come ha osservato l'opposizione di Forza Italia in consiglio regionale. Invece rimangono. Bravo Vendola, a governare così sono capaci tutti.
La sanità targata Sel è roba da ricchi. Lo conferma la Regione stessa. Pochi giorni fa l'assessore Donato Pentassuglia ha ammesso, in un convegno a Lecce, che l'11 per cento dei malati pugliesi rinuncia a curarsi perché non ha soldi. Davanti all'alternativa se comprarsi da mangiare o pagare il ticket, la gente sceglie (ovviamente) il cibo.

È sulla pelle e sulla carne di questa gente che si realizzano i risparmi sanitari sventolati ai giornali: più tasse, meno prestazioni, allungamento dei tempi d'attesa per gli esami medici. Nei reparti ospedalieri mancano gli operatori sanitari e quelli che ci sono vengono sottoposti a turni massacranti. Ma di lotta agli sprechi nemmeno a parlarne, come dimostra il caso di Foggia.
Eppure ci sarebbe soltanto l'imbarazzo della scelta su dove affondare il bisturi dei tagli e dei risparmi. Basta scorrere i dati dell'Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Per uno stent coronarico medicato (a rilascio di farmaco) le Asl pugliesi sborsano in media 1.410,75 euro contro un costo standard di 448,95: più del triplo. Un ago a farfalla, dispositivo monouso di larghissimo consumo utilizzato per prelievi e infusioni, costa alla regione Puglia 0,054 euro contro una media nazionale di 0,028: il doppio. La spesa per una siringa è superiore di 16 centesimi al prezzo di riferimento elaborato dall'Osservatorio dei contratti pubblici.

Lo scorso luglio la procura regionale della Corte dei conti ha aperto un fascicolo sulle spese fuori controllo della Asl di Bari svelate da una verifica ordinata dal ministero della Sanità. Gli ispettori hanno elencato 62 contestazioni, dalla gestione del personale ai rapporti con le cliniche private, dai ritardi nei pagamenti fino all'erogazione di compensi extra ai medici per prestazioni non effettuate. È stato ipotizzato un danno sui 50 milioni di euro. Il governatore che fu rifondatore non ha trovato modo migliore per difendersi che scaricare le colpe sui dirigenti sanitari che la sua giunta aveva nominato.

La «narrazione» di Vendola se la prende con i tagli del governo ma non si sogna di tagliare i propri sprechi. La centrale unica d'acquisto, Empulia, non è ancora a regime. Da Foggia a Lecce, ogni azienda sanitaria si regola come crede, cioè sborsa almeno il doppio rispetto al resto d'Italia. In Campania la centrale unica Soresa (società regionale per la sanità) ha ottenuto risparmi per 85 milioni di euro in due anni e mezzo. In Puglia, invece, la spesa non è stata ridotta e il deficit relativo non è stato colmato con i risparmi, che sarebbero doverosi, ma con aggravi fiscali. La grande novità della «fabbrica di Nichi» è quella di applicare gli stessi metodi di Monti, Letta e Renzi, i suoi nemici dichiarati.

E cioè tasse, tasse, tasse.

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