Politica internazionale

Modi sposta l'India sotto l'ombrello Usa, ma sull'Ucraina l'intesa tra i grandi non c'è

Il padrone di casa e Biden siglano la pace (e accordi). Pesano le assenze di Putin e Xi. E la condanna alla guerra non ci sarà, l'Onu: "È una famiglia disfunzionale"

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Un G20 all'insegna dell'India e dell'Asia. È questo l'intento di Narendra Modi, l'anziano ma vulcanico leader dell'ambizioso Paese che ospita il vertice delle principali venti nazioni del mondo. Un'India esaltata dal successo della propria missione sulla Luna del mese scorso, che ha coinciso con il fallimento quasi contemporaneo di quella della Russia. Consapevole del proprio crescente peso economico e geostrategico, simboleggiato anche dal sorpasso sulla Cina in termini di numero di abitanti. Orientata dal punto di vista geopolitico, come ormai ben sappiamo, a tenere il piede in due o più scarpe, a seconda delle proprie convenienze, ma che in questa occasione fa oscillare il pendolo piuttosto nettamente in direzione degli Stati Uniti.

A nessuno è sfuggito che Modi, nel suo intervento che anticipava l'apertura del summit, abbia citato «il comune interesse» a mantenere la libera circolazione nell'Indo-Pacifico: un chiaro riferimento alla necessità di contenere con decisione le mire della Cina (che pure non ha nominato direttamente) nella regione ormai chiaramente di massima priorità strategica a livello globale. È un chiaro assist a Joe Biden e alla sua politica di costruzione di un asse internazionale che tiene insieme, dal Giappone all'Australia alla Corea del Sud alle Filippine e fino appunto all'India senza dimenticare un ruolo attivo del Regno Unito e una presenza europea quei Paesi che temono il minaccioso espansionismo di Pechino, che si manifesta soprattutto, ma non solo, nelle aperte minacce alla libertà di Taiwan e in un inquietante saldarsi di un fronte autoritario anche militare con la Russia e la Corea del Nord.

Modi punta anche a una serie di accordi commerciali e strategici con Washington, che vanno dall'apertura in India di una grande fabbrica di microconduttori a un'intesa su una rete ferroviaria e portuale di cui si sta discutendo e che vede coinvolta un'altra potenza regionale emergente e decisa a muoversi senza troppi legami d'appartenenza: l'Arabia Saudita. E qui viene alla ribalta il tema dei Nuovi Brics, che dopo il recente vertice in Sud Africa hanno visto estendersi non solo all'Arabia, ma anche a Paesi come Argentina, Egitto e al più che controverso Iran il fronte delle economie di una sorta di sud del mondo che ambisce a sganciarsi dalla tutela occidentale esercitata in primo luogo attraverso il dollaro americano. Sarà interessante vedere in che misura questo «blocco nel blocco» agirà unito in questo G20 o se ognuno privilegerà le proprie priorità: e questo sarà più probabile in tema di contrasto ai cambiamenti ecologici, viste le ovvie resistenze ad esempio dei sauditi a prese di posizione contro i combustibili fossili.

Altro tema importante del vertice è l'assenza contemporanea di Vladimir Putin e di Xi Jinping. La prima motivata dal fatto che il dittatore russo è un ricercato internazionale per crimini di guerra dopo il mandato di arresto emesso dal Tribunale dell'Aia, la seconda probabilmente dalle difficoltà interne che il pur potentissimo leader assoluto della Cina comunista va incontrando in questa fase di crisi economica.

Detto che anche di queste assenze certamente approfitterà l'India per ritagliarsi un ruolo primario di interfaccia con gli Stati Uniti e i partner europei, va notato che Russia e Cina guidano a braccetto il fronte ostile a qualsiasi forma di solidarietà verso l'Ucraina che Putin ha aggredito: il segretario generale dell'Onu Guterres ha lamentato che «la famiglia internazionale è più che mai disfunzionale», e l'impossibilità di trovare un'intesa nella dichiarazione finale del vertice sulla condanna comune di una guerra infame purtroppo lo confermerà.

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