Cronache

"Molte analogie tra i due assassini. La chiave del mistero resta l'arma"

Il criminologo: "Dubbie le condanne di Pacciani, Lotti e Vanni. Il killer Usa spieghi che fine ha fatto la Beretta usata in tutti i delitti"

"Molte analogie tra i due assassini. La chiave del mistero resta l'arma"

L'ipotesi è affascinante. E lega con un solo nome due grandi misteri della cronaca nera. Zodiac, il serial killer americano mai identificato, sarebbe anche il Mostro di Firenze. Due vicende terribili, un'unica persona: l'assassino delle coppiette. Prima negli Usa, poi in Toscana. Una scia di sangue lunga quasi vent'anni: dal 1968, primo delitto in California, al 1985, quando agli Scopeti, alle porte di Firenze, il Mostro colpisce per l'ultima volta. «Si risolverebbero in un colpo solo due straordinari rompicapi della letteratura noir», riassume Luca Marrone, criminologo, perito del tribunale di Roma, docente alla Lumsa. «Certo - prosegue - a Firenze alla fine arrivarono le condanne dei cosiddetti Compagni di merende, ma si tratta di sentenze controverse e assai discusse, non accettate da molti esperti». Qui invece abbiamo una sorta di confessione firmata da J.B., un italoamericano, ex soldato nell'esercito Usa. Joe Bevilacquaha svelato il suoe passato a un giornalista, Francesco Amicone, che ha raccontato il tutto sulla rivista Tempi e poi ha rilanciato lo scoop sul Giornale. Infine, ha consegnato un dossier alla procura di Firenze che sta verificando gli elementi raccolti.

Professor Marrone, due serial killer, ma la stessa persona. Con una ventina di cadaveri sulla coscienza. Sorprendente. Forse troppo?

«Anch'io, con una collega, avevo accarezzato questa ipotesi».

Addirittura?

«Ci sono analogie. Basta vedere il film, Zodiac, per scoprire che anche lui uccideva i fidanzati appartati in auto. Ora però veniamo a sapere che J.B., il presunto massacratore di almeno cinque persone, negli anni Settanta si trasferisce in Italia».

Una seconda vita e una seconda mattanza?

«Più o meno. Questo signore, un ex soldato, fra il 1974 e il 1989 è direttore del cimitero militare americano di San Casciano. Insomma, vive e si sposta nelle zone del Mostro».

In realtà i delitti in Toscana cominciano nel 68.

«Si, ma la prima esecuzione, quella appunto del 68, è anomala rispetto a quelle successive. Il vero grande tema è che a sparare nel '68 e poi dal '74 all'85 è sempre la stessa pistola: la famigerata Beretta calibro 22».

Tutti la cercano da 50 anni, ma resta introvabile.

«È il grande mistero nel mistero del Mostro. La pistola è nelle mani di alcuni sardi che realizzano l'agguato del 68, poi misteriosamente arriva al serial killer che sei anni dopo inizia a sterminare le giovani coppie. J.B. dovrebbe spiegare come l'ha avuta. E poi che fine ha fatto».

Non è proprio un dettaglio.

«La Beretta resta un rebus. E i processi a Pacciani, Vanni e Lotti non hanno chiarito nulla. Certo, è singolare che un serial killer arrivi in Italia e si impossessi, chissà come, di una pistola che ha già ammazzato».

Perfetto per una fiction, ma nella realtà?

«La procura di Firenze lavora sul dossier recapitato dal giornalista che ha avvicinato J.B. Credo che gli investigatori saranno perfettamente in grado di distinguere il grano dal loglio. E mettere a fuoco eventuali contraddizioni».

Cosa è che non quadra?

«C'è un dettaglio che merita attenzione. Il profilo del Mostro è quello di un uomo che, almeno all'inizio, nel 74, sembra non avere grande confidenza con le armi da fuoco».

Un ex soldato che fatica a prendere la mira?

«Appunto. Non sembra plausibile. Ma si dovranno chiarire tanti altri aspetti. Al processo Pacciani fu sentito un certo J.B., originario del New Jersey, che al 99 per cento è sempre lui».

E come fu ascoltato?

«Come teste. Su aspetti marginali e quasi irrilevanti di uno dei crimini. Il problema è che J.B.

non si è presentato dagli investigatori, come promesso, ma è sparito di nuovo.

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