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"Monti fece pressioni sui pm per rispedire i marò in India"

Rivelazioni choc dell'ex ministro degli Esteri Terzi: "Palazzo Chigi fu determinante. E dietro le quinte si muoveva Passera"

"Monti fece pressioni sui pm per rispedire i marò in India"

Il pacco regalo è un ordigno a scoppio ritardato. Troppo ritardato. Oramai inutile per i nostri due marò, vergognoso per l'Italia, esplosivo per le coscienze. Trapassato prossimo e presente si guardano allo specchio. E il riflesso sono menzogne. Quelle di un governo - Monti - che ha ingannato il Paese; quelle di un governo - Renzi - che non ha avuto il coraggio di rivelare (e risolvere) nemmeno questa.

Giulio Terzi, ambasciatore, ex ministro degli Esteri fino al marzo 2013, dopo i perché spiega oggi i retroscena delle proprie dimissioni. Le diede in diretta streaming: non voleva consegnare i nostri due soldati agli indiani. Ma palazzo Chigi lo aveva scavalcato.

Ieri sera, a Radio Radicale, l'allora numero uno della Farnesina, oltre a svelare ha denunciato. Chiedendo l'istituzione di una commissione parlamentare per indagare, soprattutto, auspicando di essere ascoltato dal Copasir.

Mentre Salvatore Girone langue ancora ostaggio di New Delhi per il quarto Natale e Massimiliano Latorre, in patria causa malattia, spera di non venir rispedito laggiù, l'ex ministro racconta delle pressioni ricevute dai pm affinché i due fucilieri tornassero in India tre anni fa, quando si trovavano in Italia - seppur da imputati - per la licenza natalizia. Gli input sarebbero partiti proprio da uomini vicini al premier.

Con la regia occulta di Corrado Passera, al dicastero dello Sviluppo economico. Questione di interessi e business, dunque. «È inspiegabile - accusa adesso Terzi - che organi di monitoraggio parlamentare, comitati che sorvegliano e rispondono all'esigenza democratica di vedere cosa accade nell'ambito dell'intelligence, non acquisiscano la documentazione, che il pubblico non possa essere sicuro che la documentazione venga acquisita».

La retorica domanda è provocatoria: «Come mai non è stata acquisita tutta la documentazione emersa nei mesi scorsi, soprattutto il documento fatto circolare dal ministero della Giustizia sull'impossibilità costituzionale di mandare indietro i fucilieri di Marina per conto del Guardasigilli dell'epoca. O la mail del consigliere politico del Quirinale Stefanini che garantiva sull'opinione del presidente Napolitano favorevole a che i nostri due militari restassero in Italia».

Nell'intervista, confermata a un giornalista de il Tempo alla domanda sul perché ciò non sia avvenuto, l'ambasciatore risponde. «Io non vedo nessun motivo se non quello di coprire alcuni scheletri nell'armadio di personalità politiche e di governo che hanno voluto rimandare i nostri fucilieri in India per considerazioni che sono intuibili, legate agli affari e agli interessi economici ma che non appartengono a una buona conduzione della politica estera e di sicurezza del nostro Paese».

Sul dove Girone e Latorre debbano essere giudicati dovrà pronunciarsi il Tribunale internazionale. Ma mentre il ministro della Difesa Roberta Pinotti lamenta come sia «difficile aggiustare le cose quando nascono male» (anche a dispetto delle perizie nascoste dagli indiani ma che scagionerebbero i due marò), Terzi non si nasconde: prima che venissero estradati «inviai una circostanziata lettera al presidente del Consiglio e ai ministri coinvolti nella gestione della vicenda affinché si potesse - come era stato fatto in altri casi altrettanto delicati - esercitare da parte del governo una sorta di moral suasion nei confronti della magistratura inquirente. Ho la sensazione, anzi qualcosa di più di una sensazione, che questa operazione di moral suasion sia stata effettuata sì, ma all'incontrario».

Ecco il «Terzi» incomodo.

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