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Monti perde persino il nome: "Scelta civica" non è più suo

Zanetti gli scippa il marchio e fa un nuovo gruppo con Verdini

Monti perde persino il nome: "Scelta civica" non è più suo

Roma - Il loden, quello sì, ce l'ha ancora, come pure la poltrona da senatore a vita. Ma tutto il resto è perduto. Svanito in fretta Palazzo Chigi, evaporata la possibilità di puntare al Quirinale per il dopo Napolitano, frantumato di fronte alla dura realtà delle urne il sogno di costruire il terzo polo, liquefatto il partito, dal dieci per cento a zero virgola nel giro di pochi anni, adesso Mario Monti, costretto a cedere a Montecitorio l'uso del marchio Scelta civica, ha perso anche il suo nome.

Glielo ha strappato il viceministro all'Economia Enrico Zanetti, che ha vinto l'ultimo braccio di ferro nell'ufficio di presidenza di Montecitorio e si è aggiudicato così le ambite spoglie del movimento del Professore. Il partito si chiamerà appunto «Scelta civica verso i cittadini per l'Italia-Maie» e sarà formato dai quattro zanettiani, più l'esponente del Movimento per gli italiani nel mondo, più i dieci deputati di Ala, e porterà così ufficialmente Denis Verdini in maggioranza. Ma siccome c'è gloria per tutti, pure gli altri, i sedici «lealisti» montiani, formeranno il loro gruppo dal nome non troppo originale, «Civici e innovatori». Dovrebbero essere in venti, ma la Camera ha concesso a entrambi una deroga, un «tempo congruo» per cercare altri adepti e raggiungere il numero minimo previsto dai regolamenti.

Una triste parabola, una lotta di ricorsi, tribunali e carte bollate, una storia con il finale già scritto da tempo ma che Mario Monti ha provato a ribaltare in extremis, spedendo una lettera di diffida all'ufficio di presidenza della Camera, giusto a poche ore dalla proclamazione del nuovo gruppo. «Il detentore del nome e del simbolo sono io», questo il senso della missiva. Un moto d'orgoglio, forse, un colpo di coda comunque singolare, per uno che da anni aveva di fatto messo Scelta Civica in liquidazione.

Dopo molti mesi di silenzio - e dopo aver detto addio al progetto civico nato a ridosso delle Politiche del 2013 - l'ex premier è tornato a battere un colpo fuori tempo massimo. Ha intimato a Zanetti di lasciar perdere il logo, ha diffidato chiunque a utilizzarlo e ha ricordato a tutti gli ex sodali che la proprietà del marchio gli spetta sulla base di una scrittura privata in suo possesso, che ha puntualmente allegato alla lettera consegnata ai vertici di Montecitorio. La sortita è servita soltanto a perdere si è però infranta miseramente contro lo scoglio dell'ufficio di Presidenza. Monti - così ha decretato l'organismo della Camera dopo una veloce verifica effettuata dal deputato del Pd Giovanni Sanga, incaricato dell'istruttoria sul caso - è titolare esclusivo del simbolo, ma non del nome.

Ma il Professore non ci sta. «Una decisione politica - scrive in una nota - su pressione del Partito democratico, presa senza alcun adeguato approfondimento e in deroga al regolamento La costituzione del nuovo gruppo attesta l'alleanza organica tra il gruppo di Emilio Zanetti e quello che fa capo a Denis Verdini. L'operazione snatura completamente l'ispirazione originaria che diede vita a Scelta civica». Finora, spiega, «dopo le dimissioni da presidenza e partito non ero mai intervenuto», ma ora non poteva restare a guardare.

«Farò valere le mie ragioni», annuncia. La telenovela continua?

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