Cronache

Morta di fatica nei campi, arrestati sei caporali

Svolta nell'inchiesta sulla morte della bracciante che raccoglieva l'uva per due euro all'ora

Bari - Il verdetto dell'autopsia fu infarto. Il cuore non resse alla fatica mentre lei, Paola Clemente, 49 anni, sposata e madre di tre figli cercava di sopravvivere e conquistare almeno una speranza raccogliendo uva nelle campagne arroventate di Puglia in cambio di due euro all'ora. Adesso, a distanza di un anno e mezzo dalla morte della bracciante, scattano sei arresti: è la prima svolta giudiziaria in una storia drammatica che ha alzato il velo sui disperati di questa fetta di Sud, è la prima fase di un'inchiesta molto più vasta sulla piaga del caporalato che da decenni incombe sul Mezzogiorno d'Italia. Dove accanto ai nuovi schiavi ammassati nei ghetti degli extracomunitari si aggiunge l'esercito degli invisibili italiani, quelli che hanno perso il lavoro o che un lavoro non l'hanno mai avuto, quelli che quando non è ancora sorto il sole salgono sui pullman e vanno a spezzarsi la schiena fino al tramonto per una paga da fame.

Le indagini di polizia e guardia di finanza sono scattate dopo la tragica fine di Paola. Le accuse contestate a vario titolo nei provvedimenti restrittivi eseguiti ieri sono truffa ai danni dello Stato, illecita intermediazione, sfruttamento del lavoro. In carcere sono finiti il titolare dell'azienda che trasportava le braccianti, il direttore e due dipendenti dell'agenzia per cui la 49enne prestava servizio, e la caposquadra che le controllava nei campi; è stato invece concesso il beneficio dei domiciliari a una donna che risultava sui campi ma rimaneva a casa per intascare contributi previdenziali.

L'inchiesta è stata chiamata «Paola». Come la 49enne stremata dal caldo e dalla fatica il 13 luglio del 2015. Era di San Giorgio Jonico, paese della provincia di Taranto, ma quel giorno si ritrovò nelle campagne a ridosso di Andria, là dove l'aveva portata uno dei tanti pullman in partenza poco prima dell'alba. Faceva quella vita da 15 anni, si accasciò sotto un tendone mentre divideva gli acini d'uva, grappolo dopo grappolo. L'inchiesta scattò dopo la denuncia del marito e della Cgil. Gli investigatori hanno cominciato a scavare nelle carte: sotto i riflettori sono finiti i documenti del rapporto con l'agenzia interinale che forniva manodopera, ma anche le buste paga, Da cui è venuta fuori una differenza del 30 per cento tra la cifra dichiarata e quella realmente percepita. E così, piano piano, sono affiorate le prime crepe nel muro di silenzio che sembrava inattaccabile. «Adesso ho paura di perdere il posto di lavoro e di essere chiamata infame», ha spiegato agli inquirenti una bracciante che invece ha deciso di parlare.

Polizia e guardia di finanza hanno ricostruito quelle giornate infinite: il raduno in piazza alle 3,30 del mattino, il viaggio, le ore nei campi. Tutto per una trentina di euro, un terzo di quanto dovuto. Non venivano conteggiati straordinari, alcune giornate non venivano calcolate. Il procuratore del Tribunale di Trani, Francesco Giannella, si sofferma sul fenomeno e spiega come sia cambiato il caporalato nel corso degli anni. Adesso dichiara siamo in presenza di una forma più moderna e tecnologica rispetto al passato.

Il risultato è lo stesso: vite distrutte, tante storie diverse, un unico tragico destino nelle campagne pugliesi.

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