Cronache

Mose, dubbi sull'intervento. Ma l'inaugurazione slitterà

Il commissario: «Non è pronto». Altri tecnici: «Sì in casi di emergenza». A regime nel 2021? Impossibile

Mose, dubbi sull'intervento. Ma l'inaugurazione slitterà

A un passo dalla fine. Ma non in tempo per scongiurare l' apocalisse. Venezia è sott' acqua, il Mose è un prodigio tecnologico ancora impacchettato. Siamo in vista del traguardo ma tra software da settare, test ancora da svolgere e scale gerarchiche incomplete, nessuno se l' è sentita di mettere in moto il complesso meccanismo e chiudere la laguna. Cosi, ora, nel più puro stile italiano del giorno dopo, divampano le polemiche. E il cireneo diventa il Commissario Francesco Ossola che in un' intervista al Corriere del Veneto si difende: «In questo momento il Mose non si può alzare per difendere Venezia dall' acqua alta. Dobbiamo tarare le parti meccaniche e il software che è un aspetto fondamentale». E ancora: «Non basta che i commissari premano un fantomatico pulsante rosso ma è necessario istituire una cabina di regia e un protocollo di intesa fra tutti i soggetti competenti».

Un lavoraccio, complicato dalla solita, vischiosa burocrazia tricolore di cui parlava Carlo Nordio nell' intervista concessa ieri al Giornale. Insomma, il Mose avrebbe forse potuto salvare Venezia, ma la prova generale non c' è ancora stata e nessuno si è preso la pesantissima responsabilità di inaugurarlo sul campo, fra l' altro con i sistemi informatici e elettronici ancora in fieri. «Non potevamo essere certi al 100% che le manovre avrebbero avuto successo - spiega al Giornale un supertecnico che sta lavorando al completamento della delicatissima infrastruttura -. Ci sono ancora diversi aspetti da mettere a punto, inoltre per i mancati completamenti nella supervisione e nelle catene decisionali avremmo dovuto procedere con modalità manuali, innescando ulteriori criticità». Ora si corre ai ripari. Il ministro Paola De Micheli nomina Elisabetta Spitz supercommissario - da non confondere con il commissario Ossola nella solita proliferazione di ruoli - e delinea il cronoprogramma: «Il Mose è pronto al 93%, speriamo di completarlo entro il 2021». Il 31 dicembre 2021 è la data cerchiata sul calendario, anche se all' appello mancano ancora 400 milioni. Due anni, con i disastri sempre più frequenti e intensi, sono tanti, troppi, ma la domanda che ci si fa, nel Belpaese delle opere che non finiscono mai, è una sola: davvero a Capodanno del 2022 il Mose sarà operativo?

«Mettiamola cosi - risponde il professore interpellato dal Giornale che non vuole uscire allo scoperto in un frangente cosi drammatico, con il Mose che sembra un ordigno segreto in qualche base militare -, fra due anni, se non ci saranno interferenze o intromissioni, saremo in grado di fronteggiare le emergenze che ci sono sfuggite fra le mani in questi giorni. Per mandare però l' opera a regime, per farla funzionare al meglio, bilanciando costi e benefici, si dovrà pazientare ancora». Un tema tabù per i politici, terrorizzati dall' ira popolare. Dunque, si andrà più in là. «Fra il 2022 e il 2023 - prevede l' esperto - quando il Mose entrerà nella vita della città a pieno titolo». Alzare le paratoie significa bloccare temporaneamente i traffici, rallentare i commerci e il turismo, tenere lontane le grandi navi, con disagio, eufemismo, degli armatori. Dunque, le dighe funzioneranno solo quando strettamente necessarie. E non sarà facilissimo collaudare il gigante in un ambiente fragilissimo, dagli equilibri sociali ed economici precari.

«Stiamo recuperando i ritardi accumulati fino al 2014 - è l' analisi del professore - quando gli arresti hanno costretto le autorità a voltare pagina, chiamando a raccolta i migliori cervelli e le migliori energie. Ora però il tempo lavora contro di noi perché le parti già in opera, soprattutto quelle sommerse, vanno mantenute comunque in efficienza. Le normative richiedono continui aggiornamenti, le tecnologie elettroniche e informatiche più avanzate incalzano senza sosta e il continuo innesto dell' innovazione in una struttura che dovrà durare 100 anni sarà la sfida forse più importante»..

Così al costo astronomico dell' opera, sui 5,5 miliardi, si aggiunge quello non indifferente della manutenzione: circa cento milioni l' anno. «Ma - è la conclusione colma d' orgoglio - siamo davvero vicini alla meta e possiamo dire di aver realizzato un' opera unica al mondo, di straordinario valore». Il Mose non ha scongiurato la devastazione della città più bella del mondo, ma non rimarrà nel malinconico e affollato limbo delle troppe incompiute tricolori.

Anche se ci sarà ancora da incrociare le dita.

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