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Le mosse sul marchio Pd e quel logo da oscurare

Nel marketing si chiama "debranding": via la sigla ecco il partito della Nazione

Le mosse sul marchio Pd e quel logo da oscurare

Roma Nel marketing si chiama debranding e consiste nel togliere il nome dal marchio. È stato fatto con Coca Cola e Nutella per un tempo limitato: fuori il nome del prodotto da lattine e barattoli, dentro nomi propri.La cura che Matteo Renzi ha somministrato al suo partito segue lo stesso metodo, ma più che rilancio sembra avere come obiettivo l'eclissi definitiva della «ditta». Fuori il Pd, dentro un unico nome proprio: Matteo.Strategia in corso da tempo. Prima, fino alle elezioni europee, ha fatto crescere a dismisura i partito e cosi ha messo a tacere gli oppositori interni che lo richiamavano ai doveri del buon segretario di partito. Poi ha lasciato che il marchio del Pd perdesse valore, lasciandolo in uso quasi esclusivo agli stessi oppositori. Ora si prepara al colpo di grazia, con i referendum sulle riforme.Il fatto che ieri il leader dell'opposizione interna Roberto Speranza abbia già annunciato che inviterà a votare «sì» non fa che indebolire la consapevolezza tra gli elettori che un Partito democratico esista effettivamente. Il suo leader non lo nomina nemmeno, gli altri esponenti lo evocano nei momenti più caldi per una resa senza nemmeno l'onore delle armi.L'importante, ha spiegato Speranza in un'intervista a Repubblica, è che il comitato del Sì non diventi un embrione del partito della nazione. Troppo tardi. E lo stesso speranza ne è consapevole, visto che considera il doppio incarico a Renzi (premier e segretario di partito), un danno per il Pd. «Sta diventando un comitato elettorale, con porte girevoli del trasformismo mai così aperte».Da buon comitato elettorale, il Pd non prende posizioni ufficiali su niente se non in difese d'ufficio dei ministri (vedi Maria Elena Boschi sul caso Banca Etruria). Nel profluvio quotidiano di dichiarazioni politiche rilanciate dalle agenzie, mancano spesso quelle del Pd. In Parlamento e fuori si stanno consumando battaglie politiche su temi importanti, come le unioni civili e le banche, che stanno facendo rifiorire sigle e partiti. Il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano guadagna aperture di pagina nei giornali, la maggioranza è costretta a fare i conti con posizioni inconciliabili. Sinistra italiana, formazione politica appena nata e difficile da pesare dal punto di vista dei consensi, trova uno spazio politico. Il Pd resta in silenzio e si spacca. Persino i renziani doc si presentano in ordine sparso. Essere un parlamentare democratico, confidava ieri un seguace del premier della prima ora, significa essere condannati all'ininfluenza.Le elezioni locali diventeranno un'altra occasione per trasformare il Pd in un punching ball che incassa mazzate per conto del premier. Renzi, c'è da scommetterlo, assocerà la sua faccia solo ai candidati vincenti. Poi arriverà il referendum sulle riforme trasformato in un plebiscito, dove il «sì» avrà il volto del premier, non quello del partito.

Sempre che il premier resti dell'idea di poterlo vincere.

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