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Mps, il governo cambia idea: "No alla lista dei debitori"

Il ministro dello Sviluppo economico Calenda su La7: "Se invece ci sono state connivenze, vanno pubblicate"

Mps, il governo cambia idea: "No alla lista dei debitori"

Roma - Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha preso posizione contro la pubblicazione delle liste dei debitori insolventi delle banche sottoposte a salvataggio statale, proposta lanciata dal presidente dell'Abi Patuelli e sulla quale maggioranza e opposizione intendono presentare un emendamento al decreto salvarisparmio. Le liste non vanno pubblicate, ha spiegato Calenda durante il programma Faccia a faccia su La7, perché «il principio è che l'imprenditore chiede i soldi ed è responsabilità della banca vedere se il business plan sia buono oppure no». Secondo il ministro, «è strano spostare l'onere su chi chiede i soldi», mentre «se ci sono state connivenze invece vanno pubblicate e dichiarate».

Si tratta, soprattutto, di una mossa «politica» in stretta connessione con quanto dichiarato ieri dall'ex premier Renzi a Repubblica. In buona sostanza, l'attuale Pd di cui Calenda è esponente non intende assumersi responsabilità del dissesto del Monte Paschi, istituti storicamente vicino a un certo tipo di sinistra aliena al mondo renziano. Dunque, secondo questo orientamento, le valutazioni sulla gestione delle banche in difficoltà andrebbero lasciate alla commissione d'inchiesta che il Parlamento dovrebbe varare. Schermaglie che si intrecciano con le manovre per mettere in sicurezza il Monte che è in attesa del decreto attuativo del salvarisparmio che sbloccherà la garanzia pubblica sulle emissioni. Ma soprattutto sta per iniziare un confronto molto intenso tra il management della banca capitanato dall'ad Morelli, il governo, la vigilanza Bce e la Commissione Ue sul nuovo piano industriale nel quale potrebbe rientrare in gioco anche il fondo Atlante per lo smaltimento delle sofferenze.

«Questo non è un Paese per scorrerie» ha ribadito Calenda a proposito dell'incursione di Vivendi su Mediaset aggiungendo che «quando viene in Italia, un investitore deve spiegare cosa vuole fare», perché «se noi andassimo in Francia, ce lo chiederebbero molto assertivamente e per me (quella di Vivendi) è un'operazione condotta in modo opaco».

Analogamente, Calenda ha difeso Fca dagli attacchi sferrati dal ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, che ha chiesto all'Ue di garantire il richiamo di alcuni modelli del Lingotto. «Se Berlino si occupasse di Volkswagen - ha sottolineato Calenda - non farebbe un soldo di danno». Posizione sostenuta anche dal ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio. «La richiesta di Berlino è totalmente irricevibile», ha rimarcato ricordando come «abbiamo accettato di costituire a Bruxelles una commissione di mediazione perché non abbiamo niente da nascondere: i nostri test dimostrano che non esistono dispositivi illegali e comportamenti anomali».

Sulla difficile situazione di Alitalia il ministro si è limitato a confermare che l'azienda deve presentare «un chiaro piano industriale, parlare di esuberi così non è più accettabile», bollando come improponibile una rinazionalizzazione poiché «quando è stata dello Stato, è stata gestita molto molto male». Calenda si è infine espresso sul difficile momento della Rai confermando la propria fiducia al direttore generale Antonio Campo dall'Orto.

«Deve rimanere a fare il piano editoriale complessivo», ha tagliato corto aprendo a un «ragionamento» sulla possibilità di mettere a gara alcuni affidamenti pubblici riservati alla tv di Stato.

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