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Mps, il Pd si sveglia tardi: "La crisi? Colpa nostra. Basta politica in banca"

Da Antonveneta ai crediti facili, la tardiva autocritica dei dem: fu un intreccio di poteri

Mps, il Pd si sveglia tardi: "La crisi? Colpa nostra. Basta politica in banca"

«Fuori la politica dalla banche», è il titolo di uno dei capitoli della relazione finale del Pd sulla Commissione d'inchiesta del Consiglio regionale toscano dedicata al caso Monte dei Paschi. I lavori sono stati chiusi a luglio con l'approvazione, a maggioranza, di due diverse considerazioni finali: una sottoscritta da M5s, Lega e Si e l'altra - appunto - dal capogruppo del Pd, Leonardo Marras.

I democratici ricordano la lunga agonia iniziata con l'acquisizione di Antonveneta che nonostante il «costo complessivo esagerato, oltre ogni valutazione di congruità e con contorni ancora oscuri che solo la magistratura potrà dipanare», raccolse il plauso unanime degli esponenti in casa Ds-Pd. «All'epoca, l'assenza di due diligence e di molti elementi legati all'operazione, ha indotto pressoché tutti gli interlocutori politici, istituzionali, economici a descriverla come un'operazione positiva, salvo poi dover prendere atto del grande inganno», si difende il partito. Ammettendo che «se la politica ha avuto responsabilità a vario titolo nella vicenda Mps, il Pd ne ha avute in misura molto maggiore rispetto agli altri». Ma sottolineando di essere poi «stato parte attiva nella discontinuità».

Questa, in sintesi, la versione dei Dem su come il Monte è rimasto ostaggio dei grovigli fra politica e finanza. Versione che fa il paio con le parole di Matteo Renzi, apparse su Repubblica lo scorso 30 luglio: «Su Mps, non prendiamoci in giro: le responsabilità di una parte politica della sinistra, romana e senese, sono enormi». Già, non prendiamoci in giro. Perché non serviva una commissione di inchiesta per appurare responsabilità già emerse dai faldoni delle inchieste giudiziarie. Prima quella del 2010 sulla privatizzazione dell'aeroporto di Ampugnano e poi quelle uscite nel 2013 sull'inchiesta Antonveneta. Emblematica la telefonata di Giuliano Amato, oggi giudice della Corte Costituzionale, che chiede a Giuseppe Mussari, all'epoca guida di Mps, i soldi per il circolo del tennis di Orbetello di cui è tuttora presidente onorario. A certificare le ingerenze politiche ci sono anche verbali di interrogatorio. Gabriello Mancini, ex presidente della fondazione, nel luglio 2012 ai magistrati senesi racconta della spartizione di poltrone: «La mia nomina, come quella dell'avvocato Mussari alla guida della banca, fu decisa dai maggiorenti della politica locale e regionale e condivisa dai vertici della politica nazionale». L'ex sindaco di Siena nonché ex deputato Ds (al tempo dei fatti), Franco Ceccuzzi, cita un colloquio con Piero Fassino, all'epoca segretario nazionale, che disse «di fare scelte oculate per il bene della banca e del territorio». E con Massimo D'Alema lo stesso Ceccuzzi parla della nomina di Alessandro Profumo.

Ancor prima delle procure a denunciare i grovigli fra banca e Pd erano stati alcuni blog senesi che ancora oggi ricordano che il groviglio resiste. Sul sito di Bastardosenzagloria si cita lo storico segretario del cda delle gestioni Mussari-Vigni, Valentino Fanti, «rimasto al suo posto con la gestione Profumo-Viola». O il caso delle sorelle Barni: una è membro della deputazione amministratrice della Fondazione Mps e l'altra vicepresidente della Regione (ente nominante della stessa Fondazione). Lo stesso blog punta il dito su chi ora cerca di «creare il classico calderone dove le colpe sono di tutti e di nessuno». Intanto il partito, che oggi si butta un po' di cenere sul capo alla vigilia del referendum, a Siena è rappresentato dal sindaco, Bruno Valentini. Lo stesso che nel 2013 aveva mandato un sms a Renzi: «Allora procedo così su Mps?». Ancora a marzo 2015, lo stesso Valentini ha indicato i nomi da inserire in fondazione sponsorizzando Fiorella Bianchi, direttore commerciale della Conad Tirreno fra i debitori di Mps attraverso una società controllata. Nella sua giunta siedono Paolo Mazzini, ex membro della deputazione generale della Fondazione Mps targata Mancini, e il vicesindaco Fulvio Mancuso, ex membro del cda di Mps Leasing, nominato da Mussari.

«Fuori la politica dalla banca», scrive il Pd. A se stesso. Mentre il groviglio non si rassegna al fatto che il Monte convolerà a nozze con un partner, forse straniero.

E presto non ci sarà più nulla su cui mettere le mani.

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