Cronache

Nato il primo agnellino da un utero artificiale

Potrebbe essere il primo passo per aiutare i bambini prematuri a crescere normalmente

Nato il primo agnellino da un utero artificiale

Un animale ci salverà. Dopo il cane sniffa diabete, quello che fiuta il tumore (grazie a sensori sul naso riescono a odorare molecole di pazienti con il cancro con un'accuratezza del 95 per cento), il bruco mangia plastica, ora tocca all'agnello, faro per i bambini nati prematuri. Un gruppo di ricercatori americani ha infatti costruito un utero artificiale in sostanza una sacca piena di liquido in cui sono stati fatti crescere con successo alcuni agnelli nati prematuri: secondo molti scienziati potrebbe essere un primo piccolo passo per arrivare alla costruzione di uteri artificiali per aiutare i bambini nati prematuri a crescere in modo più sicuro.

È la scoperta scientifica dell'anno, diramata dagli scienziati con foto dall'impatto mediatico travolgente. Impatto di cui gli stessi ricercatori sono perfettamente consapevoli, tanto che il video di presentazione dello studio si apre con un messaggio: «Quello che state vedendo è realtà, non finzione». L'utero artificiale, chiamato «biobag», è stato realizzato da una squadra di medici dell'Istituto di ricerca del Children's Hospital di Philadelphia; lo studio che ne parla è stato pubblicato sull'ultimo numero della rivista Nature Communications. La sacca, che assomiglia ad un grosso sacchetto sottovuoto, riempito di liquido amniotico è collegata con l'esterno in due modi: da un lato con le condutture per il fluido amniotico che riproduce quello dell'utero materno, dall'altro con quelle per il cordone ombelicale, un tubo contenente una vena e due arterie artificiali che collegano il feto a un ossigenatore per il sangue che sostituisce la placenta della madre.

La possibilità di portare a termine la gestazione di mammiferi fuori dal corpo materno ha acceso la speranza che in futuro questa tecnica possa essere utilizzata nei neonati pre-termine, le cui possibilità di sopravvivenza statisticamente sono vicine allo zero quando non arrivano a 23 settimane di gestazione, per poi salire all'80 per cento a 25 settimane, ma con problemi di salute dovuti all'immaturità degli organi che li accompagneranno tutta la vita. Le incubatrici di cui oggi disponiamo sono una tecnologia che può provvedere a calore e umidità, ma non portano direttamente nutrimento al bambino che deve essere intubato con tutte le conseguenze del caso.

Gli scienziati hanno detto con chiarezza che il loro scopo non è testare la possibilità di concepire e far crescere bambini all'esterno del corpo umano, sgombrando quindi il campo ai problemi etici che ne seguirebbero, ma aiutare la sopravvivenza dei bambini nati pre termine.

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