Cronache

Nel paradiso delle terme: "Noi a pezzi, ma si riparte"

Il 1° aprile riaprono hotel e impianti. La famiglia Mioni: "Il nostro turismo è cura. Non morirà mai"

Abano Terme (Pd) Entrare qui dentro è come tornare indietro nel tempo. Le sedie tirate a lustro. I tavolini intarsiati di legno. Il caleidoscopio del lampadario di Venini che scende dal soffitto. Ancora si sente l'eco dei piatti, degli aperitivi, della gente che gioca a burraco, delle ciabatte che passeggiano nell'atrio e quella musica di sottofondo che infonde tranquillità. Siamo all'hotel Mioni Pezzato di Abano Terme, e l'orologio sta per riprendere il suo corso. Si respira l'atmosfera di chi ha voglia di ripartire. Di chi sa che ce la può fare. Cinque generazioni, l'hotel, completamente ristrutturato nel 2018, sorge qui, davanti a questo pozzo. Un pozzo d'acqua termale, dove il nonno del nonno di Giovanni Mioni veniva a immergersi. Formazione svizzera, mentalità di chi non si abbatte nemmeno dinanzi alle intemperie, Giovanni Mioni, 41 anni con la moglie Cyrielle Tordjman, gestisce questa struttura.

Sono chiusi dal 9 novembre scorso ma il primo aprile riaprono. Tra poco. La scorsa estate è andata bene. Anche se le perdite sono enormi. Nonostante questo non ci si perde d'animo. Lavori in corso, cantieri, per un nuovo centro saune. Hanno tenuto aperto nei mesi estivi, qui d'estate è bassa stagione. «La perdita del fatturato ci racconta Giovanni è stata del 70%, una struttura così ha una serie di costi fssi e per rimanere in piedi abbiamo bruciato tre anni di risparmi. Sono strutture che non possono essere lasciate andare, e che devono essere continuamente mantenute. Soprattutto gli impianti termali». Del resto Abano non è solo meta turistica, è un presidio sanitario per chi ne trae giovamento, per chi vuole scoprirlo. Durante l'estate hanno vissuto dei turisti provenienti dall'Italia e si è abbassata l'età media di chi si approccia a questo tipo di vacanza. L'80 % delle presenze straniere (48%) sono state perse. Per i dipendenti, ora 90 in cassa integrazione, hanno organizzato corsi di formazione. Una volta a settimana, per tenere continuità e prepararsi al mondo che verrà. «Un turismo così spiega non andrà mai a morire, perché è bisogno fisico, mentale, si svolgono cure termali, terapie che incrementano la qualità della vita di una persona. Per recuperare l'attitudine al lavoro, abbiamo deciso di riaprire». Anche se zona rossa è possibile, perché il centro è un presidio sanitario. Di 330 posti ora sono 200 per garantire il distanziamento. Ma lui è ottimista. Come la madre, Giovanna Mioni. «Ritorneremo a volare, ritorneremo a fare tutto, però nell'attesa non perdiamoci, facciamo questa festa dei Lettori del Giornale. Sono vicina a tutti quanti. Mai perdersi, andare avanti, anche se le cose sembrano disperate, ma c'è una fine a tutto. È una questione di tempo, dobbiamo ricominciare a vivere». Perché se non scavalli e non vai oltre non fai niente.

Ad Abano trentasei attività hanno chiuso definitivamente. Ci sono alcuni locali sfitti, vuoti, vendesi, affittasi. Pietro Chemello, proprietario di una profumeria, è preoccupato. «Nel 2019 ho fatto 75 mila euro di fatturato. Nel 2020: 19 mila e i ristori non bastano». Tremila euro che non bastano di certo a coprire i 30 mila annui di affitti. Ora i negozianti hanno dato vita all'associazione Ricominciamo Abano. Facciamo un giro della piazza. Desolante ma c'è da dire che la zona è rossa e siamo a casa. Incontriamo la referente di Confesercenti, Vincenza Riefolo. Una donna di Barletta, nata al mare, innamorata di Abano. «Abbiamo vissuto il blocco nel periodo di alta stagione. E qui il commercio lavora quando lavorano gli hotel. Dobbiamo ripartire dai nostri capisaldi perché Abano è un'oasi di cura per il corpo e per la mente». Si è fatto tardi. Un caffè da asporto, torniamo al Mioni. I lavori sono in corso. L'orologio segna le 8. Pronto per ripartire.

Il primo aprile.

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