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La nemesi dei sindaci 5 Stelle tutti con l'avviso di garanzia

Dalla Raggi a Nogarin, si allunga l'elenco dei primi cittadini sotto inchiesta. E ora il garantismo è un dogma

La nemesi dei sindaci 5 Stelle tutti con l'avviso di garanzia

Con la Appendino indagata si allunga il già corposo elenco dei sindaci grillini sotto inchiesta e con esso prolifera la doppia morale dei Cinque stelle, sempre pronti a spostare l'asticella delle loro regole un po' più in là per salvaguardare il politico di turno.

Con la prima cittadina di Torino nei guai, la sua omologa Virginia Raggi, a Roma, si sentirà un po' meno sola in attesa che il gup fissi l'udienza per decidere sul suo eventuale rinvio a giudizio. Perché adesso la Raggi è qualcosa in più di una semplice indagata. L'inchiesta nei suoi confronti è stata chiusa e la Procura ha chiesto che venga processata per falso in atto pubblico in relazione alla nomina di Renato Marra, il fratello del suo ex braccio destro, a capo del dipartimento Turismo del Campidoglio, mentre ha sollecitato l'archiviazione per l'accusa di abuso d'ufficio in relazione ad un'altra nomina, quella a capo della sua segreteria politica di Salvatore Romeo. Una mossa, quest'ultima, che ha fatto esultare i grillini, pronti a scagliarsi contro la stampa e il fango mediatico a dir loro gettato senza un perché sul Movimento, dimenticando che la vera notizia del giorno era la richiesta di rinvio a giudizio della sindaca accusata di aver mentito all'Anticorruzione. Un dettaglio trascurabile, a quanto pare, per i portabandiera dell'onestà. Tra i casi più recenti c'è da segnalare poi l'iscrizione nel registro degli indagati del sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque, per il quale la Procura di Termini Imerese aveva chiesto i domiciliari, anche se alla fine il gip ha preferito imporgli l'obbligo di firma, poi revocato. La vicenda, che ha a che fare con l'affidamento del servizio dei rifiuti e della gestione del palazzetto dello sport, ha coinvolto diversi dirigenti e dipendenti del Comune e ha portato alla formulazione di più reati: abuso e omissione di atti d'ufficio, turbativa d'asta e rivelazione di atti d'ufficio. In attesa che la giustizia faccia chiarezza, il primo cittadino pentastellato ha preferito autosospendersi dal Movimento («È la mia seconda pelle e non posso permettermi che venga colpito»).

Tutt'altra storia quella di Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma cacciato dal M5s per non aver avvertito i vertici di essere coinvolto nell'inchiesta sulle nomine del Teatro Regio, anche se questa vicenda è stata poi archiviata. Una questione di «trasparenza prima di tutto», che seppur nel tempo ha smesso di essere una regola così inderogabile tra le fila grilline, ha suggerito ad un altro Cinque stelle doc come il sindaco di Livorno Filippo Nogarin ad annunciarlo su Facebook di essere indagato anche per abuso d'ufficio, oltre che per bancarotta fraudolenta, nell'ambito dell'inchiesta sulla municipalizzata Aamps. L'avviso di garanzia a Nogarin aveva creato un notevole imbarazzo all'interno del Movimento, in dubbio se mollarlo per salvare le amministrative allora in pieno fermento oppure se abdicare ad anni di giustizialismo. Si scelse la via di mezzo, con un primo compromesso che portò i pentastellati a non considerare più le dimissioni l'unica via d'uscita per chi riceve un avviso di garanzia.

Nel dare fiducia al sindaco di Livorno lo stesso Luigi Di Maio spiegò che il Movimento aveva cominciato a riflettere sul garantismo dopo la vicenda di Quarto, in provincia di Napoli, dove l'unica sindaca M5S in Campania è stata espulsa per non aver denunciato le presunte minacce subite da un consigliere grillino indagato per corruzione elettorale e tentata estorsione.

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