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Nessuno crede al passo indietro di Grillo

Dai militanti ai big, il parere è unanime. Appendino: "Ci sarà sempre"

Nessuno crede al passo indietro di Grillo

Rimini - Uno vale uno da oggi non conta più. Uno vale Di Maio, e basta. Il movimento cambia faccia. Almeno è quello che pare. Gli irrequieti sono molti, e le lotte interne sempre più feroci. Non tutti sono pronti a uscire allo scoperto ma se da oggi, senza Grillo al comando, e con Di Maio candidato i malumori non saranno sanati, la strada da qui alle elezioni del 2018 potrebbe riservare brutte sorprese. La nomenclatura è frantumata in pragmatici, ortodossi e falchi. Troppe anime in un unico movimento che ha più capi che attivisti.

Per esempio i sindaci. Chiara Appendino, sindaco di Torino, in un primo momento papabile candidata degli ortodossi, è la prima tra le grandi città governate dai Cinque stelle ad arrivare. Salvo poi scappare con la piccola Sara: «Scusate ma vuole la pappa».

E tra una pappetta e una salamella al chiosco delle piadine, anche la seconda giornata dell'Italia a 5 Stelle, ha regalato le sue perle. La cosa divertente emersa ieri dopo l'addio, vero o presunto, del leader Beppe Grillo che ha ribadito la sua intenzione di mettersi da parte e di fare «largo ai giovani», è che l'unico davvero a credere che Grillo uscirà dal movimento è lui stesso. Tutti gli altri, attivisti, sindaci e parlamentari, sono convinti invece che Grillo resterà. La Appendino in primis: «Seguo il M5s da sei anni e ho sentito parlare ogni anno di passo di lato, passo indietro, passo in avanti. Beppe c'è, continuerà ad esserci, se abbiamo bisogno c'è, lo so già». E lei lo sa di sicuro.

Per ora ad esserci c'è solo il sosia, stesso capello bianco scarruffato, stessa pancia, che si aggira tra i gazebo con una t-shirt rossa. «Il popolo unito non sarà mai sconfitto», recita uno striscione. È questa l'ansia della base dopo l'affaire Fico. Ma questo caso non interessa alla Appendino: «Non capisco perché interessi tanto, parliamo di quello che stiamo facendo e che vogliamo fare». E sulle primarie «ogni metodo ha i suoi pro e i suoi contro. Non esiste un metodo perfetto per fare le primarie. Abbiamo fatto il nostro metodo, è il più corretto». Gli fa eco un altro striscione: «Noi intasiamo il blog, voi le carceri». Anche il deputato Danilo Toninelli ieri era insolitamente remissivo circa gli scivoloni di questi giorni: «È normale che ci siano delle critiche, perfetti non si può essere. Noi facciamo politica nel senso più alto del termine, gratuitamente». Sì, a 15mila euro al mese come lui.

Non rilevato dai radar il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, barricato dietro un video e la scusa dell'alluvione, perché, dicono i suoi dal gazebo labronico, «ha preferito non prestare il fianco alle polemiche ed evitare di essere assalito da voi giornalisti». Appena saputo che lo cercava Il Giornale, ha inviato un sms: «Boni loro!». Il sindaco di Roma, Virginia Raggi, il cui arrivo ha provocato una quasi rissa contro i giornalisti, invece si è barricata dietro al solito «io non mollo.

Ci mancherebbe».

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