Politica estera

"No al corteo per Adama". Macron blinda Parigi, la sinistra grida al regime

Vietata la manifestazione per il ragazzo ucciso nel 2016. La sorella aizza, Mélenchon sta con lei

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A proiettare una nuova ombra nella crisi delle banlieue ieri è arrivata un'altra sfida allo Stato francese. È la marcia in ricordo del 24enne Adama Traoré, il ragazzo deceduto per asfissia dopo un fermo di polizia a una trentina di km a nord di Parigi. Era il 2016: l'onda del movimento black lives matter americano raggiunse allora l'Esagono, salvo evaporare presto dai titoli dei tg (ma non dalla rabbia dei quartieri perduti della République). La morte del 17enne Nahel ha riacceso le rivolte nelle banlieue, e ha ridato fiato pure a chi aveva abbracciato la causa «black», come Assa Traoré, sorella del ragazzo ribattezzato il «George Floyd francese».

Ieri, nonostante la prefettura avesse vietato il corteo di Parigi (promosso in ricordo di Traoré), Assa ha chiesto di sfidare la polizia: «Mio fratello aveva diritto a vivere - è il grido nel suo video diventato virale - anche voi avete questo stesso diritto». Si è rivolta ai ragazzi delle banlieue per una marcia «della rabbia». Un messaggio in perfetto stile dei «quartieri» lanciato ai giovani figli di una Francia che rifiutano e che di assimilazione non vogliono neppure sentir parlare.

La manifestazione è stata vietata per timori di nuove tensioni. Ma Assa ha potuto contare sull'appoggio dell'estrema sinistra: non appena la prefettura ha fatto sapere che il corteo non era più autorizzato, la gauche di Jean-Luc Mélenchon ha innescato un nuovo scontro, tra piazza e istituzioni. Estrema sinistra schierata con i manifestanti e in piazza con loro: «Macron è peggio di Trump, non rispetta i diritti fondamentali», dice Danielle Simonnet, deputata della France Insoumise. Le associazioni «black» raggiungevano intanto Place de la République: «Ci vietano di manifestare? È una provocazione di stato, siamo qui comunque».

La marcia in ricordo di Adama Traoré conta però solo 2mila persone dalle banlieue: «Ci siamo nonostante i divieti, che sono politici», rivendica Assa, accusata da Le Parisien di strumentalizzazione della morte di Nahel, ucciso il 27 giugno a Nanterre in un controllo stradale. Ieri nuove tensioni con gli agenti, che disperdono il corteo in meno di due ore. «Vogliono nascondere i nostri morti, autorizzano la marcia dei neonazisti ma vietano la nostra», insiste Assa. In serata viene fermato anche uno dei suoi fratelli. Oltre 200 i multati.

Più difficile è smorzare il dibattito politico che vede sempre più isolata la France Insoumise di Mélenchon: sta in piazza con chi non rispetta i divieti. Socialisti e perfino i comunisti si smarcano però dalla gauche «ribelle» di Mélenchon, che attacca (da sola) il governo: «State mettendo in campo una strategia della tensione». Per Éric Coquerel, Macron porta la Francia fuori dalle democrazie. Da Renaissance, il partito del presidente, Paul Midy spiega che «nessuno vuol vietare il diritto di manifestare, ma se i Servizi sentono odore di casseur bisogna proteggere i cittadini e le loro attività, e basta bruciare municipi e attività commerciali». Con una crisi delle banlieue ancora in fase di assestamento, come ammesso da Macron, il grido di Assa e della gauche costringe Parigi a blindarsi di nuovo. In una trentina di altre città, marce di protesta per la morte di Nahel. La scorsa settima un altro ragazzo, 27 anni, è morto a Marsiglia per mano di un poliziotto (a causa di proiettili flash ball). Colpito da distanza ravvicinata, il suo cuore si è fermato. E cresce la preoccupazione di una nuova ondata di rivolte, per il 13 e 14 luglio. Ieri sera la premier Borne ha promesso «mezzi massicci per proteggere i francesi»; vietata la vendita di fuochi d'artificio ai privati.

«Eccessive e infondate» giudicate invece dal governo le critiche dell'Onu sul razzismo della polizia.

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