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Un nome forte e percentuali bulgare: primarie M5s copiate (male) da Pd e Lega

Renzi e Salvini hanno sconfitto candidati «minori». Ora tocca a Di Maio

Un nome forte e percentuali bulgare: primarie M5s copiate (male) da Pd e Lega

Roma - Il bue che dice cornuto all'asino. Non importa chi tra Pd e M5s sia il bue o l'asino ma assistere allo scambio di accuse sulle primarie farsa è paradossale. Beppe Grillo definisce farlocche le primarie del Pd ma nel frattempo organizza (copiando dal Pd) una consultazione dall'esito scontato per lanciare Luigi Di Maio. E nella saga del paradosso c'è posto anche per la Lega Nord che ironizza sul voto grillino ma non più tardi di cinque mesi fa (maggio 2017) ha promosso una conta interna tra i militanti per confermare la leadership di Matteo Salvini, messa in discussione dall'ala di Umberto Bossi.

In Italia, le primarie per individuare i leader di movimenti e partiti non sono altro che la brutta copia del sistema americano di selezione della classe politica. E di solito le imitazioni non sono mai perfette. Ma nel caso italiano, la perfezione è distante anni luce. Il M5s, da quando è sbarcato nei palazzi del potere, ha provato a darsi una parvenza di democrazia interna, scopiazzando il metodo, che già si è rivelato fallimentare, delle primarie democratiche. I limiti della consultazione grillina sono emersi in questi giorni. Un voto scontato: Grillo e Casaleggio hanno costruito un vestito su misura per Di Maio. Una competizione senza competitor: il vicepresidente della Camera concorrerà per la premiership contro sette sconosciuti. Che Elena Fattori, senatrice del M5s, sia il nome più noto tra gli avversari di Di Maio la dice lunga sulla credibilità del voto. Anche perché quando la partita si gioca tra avversari veri (vedi Genova) e l'esito non è gradito ai vertici del Movimento, Grillo annulla il voto. A Genova, Marika Cassimatis vinse le primarie per le comunali ma fu esclusa per far spazio a Luca Pirondini, candidato gradito alla Casaleggio associati.

Metodo che vince non si cambia. E pare che Grillo abbia provato ad esportare nel mondo grillino il metodo infallibile delle primarie Pd dell'era renziana. Nel 2013 e nel 2017, Renzi si è fatto incoronare leader del partito in una competizione scontata contro avversari di comodo. Nel 2013, Gianni Cuperlo e Pippo Civavi sfidarono il rottamatore. Nel 2017 è toccato ad Andrea Orlando e Michele Emiliano sacrificarsi sull'altare della finta democrazia Pd. In tutti e due i casi, Renzi ha stravinto con il 70 % dei consensi. Anche il Pd non ha alcuna difficoltà ad annullare le primarie quando il risultato tradisce l'esito atteso: nel 2011 a Napoli, Andrea Cozzolino sconfisse il superfavorito Umberto Ranieri, candidato ufficiale per la poltrona di sindaco dell'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e appoggiato dall'intero partito. Il Pd rispose con l'annullamento del voto.

E alla moda delle primarie finte si è unita negli ultimi tempi la Lega Nord: Matteo Salvini a maggio ha chiesto ai 15mila attivisti se era il caso di restare alla guida del Carroccio. Risultato bulgaro (e scontato) per Salvini, riconfermato con l'82 % dei consensi. Renzi, Di Maio e Salvini: tutti e tre sono imbattibili nelle partite amichevoli. Ma nessuno dei tre può ad oggi vantare una vittoria. Vera.

In competizioni ufficiali.

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