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"Non ci sono vere motivazioni: vogliono accusare il centrodestra"

L'ex direttore di Rai1: "Valuteremo la forza effettiva di Unirai"

"Non ci sono vere motivazioni: vogliono accusare il centrodestra"

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Sullo sciopero non ha dubbi: « È un fatto politico». Mauro Mazza, ex direttore di Rai1 e del Tg2, scrittore e oggi commissario straordinario per l'Italia alla Fiera del libro di Francoforte, conosce molto bene le dinamiche Rai: «Le altre motivazioni dell'astensione dal lavoro, dalla querelle sui precari a quella sulle testate e i carichi eccessivi di lavoro, servono, come dire, per fare volume. La sostanza è un atto d'accusa tutto politico al governo di centrodestra».

Siamo in un'epoca di censura?

«Rispondo con le parole di Antonio Padellaro, ex direttore del Fatto Quotidiano: Non c'è mai stata così libertà di informazione come oggi».

Ma la Rai?

«Ecco, alla Rai sta capitando qualcosa di nuovo, inedito che solo nelle prossime ore potremo pesare con precisione: la nascita a fine 2023 di un nuovo sindacato, Unirai, che oggi invita ad andare a lavorare».

Il sindacato che sale sul carro del potere?

«No, semmai il sindacato che rispecchia anche nel mondo dell'informazione le scelte e le ragioni della maggioranza degli italiani. Le elezioni negli ultimi anni hanno premiato sempre il centrodestra, ma alla Rai i giornalisti stanno in gran parte a sinistra e sono in sintonia con l'opposizione. L'Unirai rompe questo monopolio, ma la sua forza effettiva si valuterà solo oggi, con la conta di chi è andato in redazione e chi è rimasto a casa».

La sinistra lamenta l'esodo dei big, da viale Mazzini verso altri lidi.

«Si, ma non c'è stato nessun editto».

C'è un clima pesante che spinge le star ad andare via?

«Ma no, mi pare che Fazio e Amadeus abbiano fatto le valigie perché sono stati convinti dalla proposta di Nove. Diciamo la verità, sta nascendo il terzo polo e i pesi massimi si spostano, esattamente come accadde quando Berlusconi mise in crisi il monopolioRai, strappando a viale Mazzini Mike Bongiorno. È un fatto economico, la concorrenza, non altro».

Il caso Scurati?

«È il risultato di una catena di errori».

Il più grave?

«Sarebbe bastato, da parte di dirigenti Rai e autori del programma, affiancare allo scrittore un secondo intellettuale di altro orientamento culturale, un pensatore con lo standing di Galli della Loggia. Avremmo avuto due monologhi e un dibattito di grande interesse. Invece, il caso Scurati ha dominato il 25 aprile».

In Parlamento pezzi della maggioranza tornano a proporre il carcere per i giornalisti. Un altro passo indietro?

«No, solo un quarto d'ora di pubblicità di deputati del centrodestra che poi tornano nell'ombra».

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