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"Non si voterà subito La Consulta non può riscrivere l'Italicum"

La sentenza del presidente emerito: "Per me la Corte dovrebbe dichiararsi incompetente"

"Non si voterà subito La Consulta non può riscrivere l'Italicum"

Roma «È sgradevole tutta questa pressione sulla Corte costituzionale per l'Italicum. Il Parlamento è così geloso delle sue prerogative e ora, improvvisamente, vuole che sia la Consulta a scrivere la legge elettorale». Ugo De Siervo ha presieduto l'Alta Corte nel 2010-2011 e ne conosce bene i meccanismi interni. Ha anche un'idea precisa su come dovrebbe finire.

Tutti attendono la sentenza del 24 gennaio, dicendo che poi si potrà votare.

«Non è così. Per me, la Consulta potrebbe e dovrebbe dichiararsi incompetente, salvando integralmente l'impianto della legge».

Perché?

«L'Italicum non è mai stato applicato e non può aver leso i diritti di nessuno e la Corte dà un giudizio incidentale, cioè su una causa già sviluppata».

E i ricorsi dei tribunali?

«Per alcuni si può intervenire preventivamente, a tutela di un diritto, ma finora la giurisprudenza ha detto il contrario. Infatti, la riforma Boschi introduceva questa possibilità e il fatto che ci sia bisogno di una correzione dimostra che con la legge attuale non è previsto il giudizio preventivo. Sarebbe una svolta, un'evoluzione che supererebbe un'obiezione procedurale forte. Si creerebbe un precedente da applicare negli altri casi e cambierebbe molto l'attività della Corte. Per tradizione, poi, si innova su materie poco importanti».

Nel 2014, con il Porcellum, la legge è stata riscritta.

«Lì era diverso, perché il sistema elettorale era già stato applicato e la Corte è intervenuta in via incidentale, anche pesantemente».

Lei ha detto, però, che la Consulta potrebbe avere il «coraggio e la determinazione» di intervenire nel merito. Che intendeva?

«Ci sono molte pressioni oggi sulla Corte e in genere condizionamenti e suggerimenti sono sgraditi. Potrebbe decidere di affrontare la questione, ma non può fare il lavoro del Parlamento ed è antipatico che le si chieda di pronunciarsi entro tempi perentori, su questo o quell'altro punto, magari in un senso o nell'altro. Comunque, potrebbe eliminare qualche punto incostituzionale, non certo riscrivere integralmente una legge elettorale e tantomeno due, in modo compatibile, più che omogeneo, visto che da un lato c'è un impianto maggioritario e dall'altro uno proporzionale e anche l'elettorato è diverso. Questo tocca al legislatore».

Quindi sbaglia chi conta su una sentenza autoapplicativa che scioglierebbe il nodo?

«Le sentenze della Consulta sono sempre applicative, perché deve mantenere in piedi un sistema elettorale funzionante. Ma c'è un baratro tecnico tra una legge nazionale per la Camera ed una con articolazione regionale per il Senato. Non bastano pochi ritocchi, come dice qualche politico».

Il Parlamento dovrebbe sempre fare la sua parte...

«È comunque indispensabile un'attività legislativa e allora i gruppi parlamentari si dovrebbero dare una svegliata e trovare un accordo tra loro su un progetto serio, invece di aspettare la fine di gennaio. Insomma, i partiti dovrebbero chiarirsi le idee e smetterla di attaccare la Corte».

Ci sono state polemiche sulla data dell'udienza fissata 50 giorni dopo il referendum. Non si poteva discutere prima dell'Italicum?

«Il rinvio di settembre è stato spiegato con l'arrivo del ricorso di un nuovo tribunale, ma ho la sensazione che la Consulta si sia sentita addosso troppa attenzione mediatica, mentre deve lavorare con serenità. Ora è lo stesso. Ha spiegato che servono tempi tecnici perché le parti presentino le loro memorie, poi ci sono le feste di mezzo».

Magari, è anche un modo per lasciare al Parlamento il tempo di lavorare?

«Sì, potrebbe essere. Il Parlamento deve prendere le sue decisioni.

La questione elettorale non può essere risolta tutta dalla Corte».

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