Cronache

Non solo "Sea Watch" su un'altra Ong arrestati due scafisti

L'Ocean Viking era approdata a Messina Gli egiziani incastrati dai video dei cellulari

Non solo "Sea Watch" su un'altra Ong arrestati due scafisti

C'erano anche due presunti scafisti a bordo di Ocean Viking, che nei giorni scorsi ha sbarcato a Messina 182 persone salvate in tre distinti interventi di soccorso al largo della Libia.

Tra i naufraghi scesi a terra gli investigatori della Squadra Mobile della Questura e della Guardia di Finanza hanno individuato anche due egiziani che sarebbero stati alla guida di uno dei barchini in legno soccorsi in acque internazionali: i due uomini, Ali Mohammed Yousef Ed Faki, 42 anni, Soliman Atito Salama, 24, che avrebbero tenuto il timone dell'imbarcazione partita dalla Libia, sono stati inchiodati da video e testimonianze degli altri naufraghi. Anche nel caso dei tre torturatori arrestati il 16 settembre e che erano sbarcati da Sea Watch III con la comandante Carola Rackete il 29 giugno, sono state decisive le testimonianze dei migranti che hanno riconosciuto i loro aguzzini ora in carcere.

«Le versioni di coloro che sono stati ascoltati come testimoni sono risultate convergenti ed attendibili e hanno consentito, fin da subito, di ricostruire quanto avvenuto prima della partenza», trapela da fonti investigative. I due come gli altri sono stati soccorsi della nave di Medici senza Frontiere e Sos Mediterranee, sono saliti a bordo e poi sbarcati al molo «Norimberga» di Messina.

I due sono stati individuati perché non facevano parte del gruppo di migranti, provenienti soprattutto dell'Africa sub sahariana, che dopo aver pagato la somma per il viaggio nel loro Paese d'origine sono stati trasferiti in Libia e lì tenuti richiusi per giorni all'interno di un edificio in attesa di partire verso l'Italia. Il giorno della partenza sono stati portati sulla spiaggia, dove uomini armati e a volto coperto li hanno fatti salire su un'imbarcazione in legno, quella che poi sarebbe stata soccorsa dalla nave delle ong.

È a questo punto, sulla spiaggia libica, che sono comparsi i due egiziani che si sono messi al timone del natante, secondo gli investigatori, alternandosi alla guida dietro «compenso», una somma variabile e concordata con i trafficanti. Non si tratterebbe dunque, come accaduto in molti altri casi, di migranti costretti dai libici a portare la nave, ma di sodali degli stessi trafficanti che hanno organizzato la partenza del barchino.

Decisivi i video ritrovati sui cellulari dei migranti e le loro testimonianze che hanno consentito di fermare i due. Sono stati portati nel carcere di Gazzi dove ieri mattina il giudice per le indagini preliminari ha convalidato il fermo. Oltre al reato di immigrazione clandestina viene contestata l'aggravante di aver esposto i migranti che erano a bordo al pericolo per la loro vita e incolumità fisica, sottoponendoli a trattamento inumano e degradante perché tenuti in mare senza acqua e senza cibo.

Altri due scafisti di origini siriane erano stati arrestati un mese fa dalla Polizia di Ragusa e Siracusa, dopo essere sbarcati a Lampedusa dalla nave della ong «Open Arms».

Anche in questo caso fondamentali erano state le testimonianze degli altri migranti che hanno raccontato come i due prima di essere soccorsi dai volontari della ong spagnola si fossero alternati alla guida del barchino, in accordo con i trafficanti libici e dietro compenso di denaro.

Commenti