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Nove caricatori per il kalashnikov più una pistola, un coltello e della benzina

Altro che la ridicola pretesa di esser salito sull'Amsterdam-Parigi armato di kalashnikov e coltello «per compiere una rapina». Ayoub el-Khazzani, il giovane marocchino arrestato dopo aver feriti tre persone su un treno veloce venerdì scorso «aveva premeditato un piano terroristico preciso». Lo ha detto ieri il procuratore di Parigi, François Molins, dopo che el-Khazzani è comparso di fronte al giudice.

Il ventiseienne fanatico islamico era rientrato dalla Turchia (Paese dove di solito si recano gli integralisti islamici che vogliono recarsi in Siria per unirsi all'Isis) in giugno e aveva «un fucile d'assalto Akm» con nove caricatori, ognuno dotato di 30 pallottole, ed una pistola semiautomatica Luger con un caricatore. Come se questo non bastasse, era munito di un taglierino (con il quale ha ferito uno dei giovani americani che lo hanno alla fine sopraffatto) e aveva con sé perfino una bottiglietta da mezzo litro colma di benzina.

Subito prima di passare all'azione sul treno, el-Khazzani - ha detto il procuratore Molins - «aveva guardato su YouTube un video in cui un predicatore incita alla lotta jihadista». C'è poi un altra informazione significativa: El Khazzani aveva acquistato il biglietto la mattina dell'attacco, ore prima della partenza, pagando 149 euro in contanti per un posto in prima classe, e si era rifiutato di partire su un treno precedente, nonostante restassero posti liberi. Anche questo secondo il procuratore di Parigi è «indicativo di un piano mirato».

Per tutte queste ragioni, Ayoub el-Khazzani è stato incriminato per «tentati omicidi nell'ambito di un'azione terroristica». Intanto in Belgio, Paese dove fino allo scorso gennaio era attiva la cellula jihadista cui il marocchino aderiva, la polizia ha perquisito la casa della sorella di el-Khazzani e di un suo amico, nel quartiere brussellese di Molenbeek noto per l'alta densità di immigrati musulmani vicini all'estremismo islamico.

Mentre in Europa si fa luce sull'ultima «impresa» del terrorismo islamico, in Libia il cosiddetto Califfato mette le sue radici. Sirte, la città natale del defunto dittatore Moammar Gheddafi, è ormai diventata la «capitale» di una sorte di emirato a guida Isis, che vi ha installato le sue tipiche istituzioni: una corte di giustizia basata sulla legge coranica, una occhiuta polizia religiosa che verifica la puntuale applicazione dei dettami del Corano, una scuola dove si insegna in classi rigidamente sparate tra maschi e femmine.

Ciliegina sulla torta, le brutali esecuzioni in pubblico degli oppositori del nuovo regime, fucilati e lasciati appesi a delle croci a mo' di esempio.

Il tutto nel ventunesimo secolo, a 500 chilometri dalle coste italiane.

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