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Nuovo catasto tra cinque anni. Dubbi sulla riforma di Iva e Irpef

Il governo approva il ddl fiscale: estimi rivisti dal 2026 per permettere a Comuni e Agenzia delle Entrate di censire tutti gli immobili. Confedilizia: "Timori per gli aggravi futuri"

Nuovo catasto tra cinque anni. Dubbi sulla riforma di Iva e Irpef

L'aumento delle tasse può attendere. Per ora. Il ddl delega fiscale approvato ieri dal Consiglio dei ministri (Lega assente), infatti, dovrà produrre decreti attuativi entro la metà del 2023, cioè a cavallo tra le legislature, perciò con il concreto rischio (o opportunità) di naufragare o di essere accantonato se approvato. La riforma degli estimi catastali, che ha irritato il Carroccio, sarà effettiva - sempre se avrà l'ok del Parlamento - dal primo gennaio 2026. Ecco perché il premier Mario Draghi ha avuto buon gioco nel dire che «il contribuente non si accorgerà di nulla».

Partiamo, perciò, dalla fine, ossia dalla revisione degli estimi (articolo 7, quartultimo dei dieci complessivi del testo). Innanzitutto, come preventivato, la principale preoccupazione è dotare i Comuni e l'Agenzia delle entrate di «strumenti» atti a facilitare individuazione e classamento di: immobili non censiti, terreni edificabili accatastati come agricoli e immobili abusivi. Fin qui nulla di preoccupante, ma è il secondo comma a scatenare le riserve leghiste. Nel decreto attuativo della delega, come detto, dal primo gennaio 2026 ci si propone di «attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato» nonché di aggiornare periodicamente i valori patrimoniali e le rendite «in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento» a condizione che non si superi il valore di mercato. Ultimo punto dirimente: le informazioni così acquisite non devono essere «utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi», cioè dell'Imu e dell'Irpef. Di qui la chiosa del ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, che ha ribadito come la riforma «non influenzerà in alcun modo le tasse sulla casa, che non aumenteranno».

Preoccupato, invece, il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. «Temiamo piuttosto si crei un meccanismo che poi in futuro qualcun altro potrà usare», ha dichiarato ricordando il no del Parlamento alla revisione degli estimi. Tra l'altro, l'articolo 3 del ddl delega nel definire la riforma Irpef verso una «riduzione graduale delle aliquote medie effettive e la variazione eccessiva delle aliquote medie marginali» (come auspicato dal centrodestra per lo scalone tra 27% e 38% superati i 28mila euro di reddito) prefigura sia il «riordino di deduzioni e detrazioni» che «una medesima aliquota proporzionale» per i redditi da capitale, inclusi quelli impiegati nel mercato immobiliare. Una formulazione che sembra prefigurare un allineamento - non si sa se al ribasso a o al rialzo - tra tassazione dei capital gain e regime della cedolare secca sugli affitti.

Per il resto, vengono confermati il «graduale superamento dell'Irap», che dovrebbe rientrare nell'Ires sgravando gli autonomi in regime Irpef, e la neutralità tra i differenti regimi Ires (in pratica, stop ai forfait). Qualche dubbio sorge, invece, sul proposito di «razionalizzare» l'Iva che significa mettere mano alle aliquote del 4%, 5%, 10% e 22 per cento. Non meno problematica si presenta, poi, la proposta di unificare Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione per accelerare il recupero dell'evasione ove accertata vista l'enfasi sulle «più evolute tecnologie informative» che, di solito, fanno rima con Grande Fratello. C'è da aver paura? Per ora no (e questo è importante), ma occorre anche sperare per il meglio.

Ossia che, in caso di ok alla delega, il centrodestra continui a essere forza di governo.

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