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Il nuovo nemico di Trump? Il Fondo monetario

La direttrice dell'Fmi Christine Lagarde: «Il modello economico Usa non sta funzionando»

Il nuovo nemico di Trump? Il Fondo monetario

Già resi complicati dall'approccio protezionista della Casa Bianca, i rapporti tra Donald Trump e il Fondo monetario internazionale rischiano di invelenirsi del tutto. Con un effetto paradossale, visto che gli Usa sono del Fondo i principali azionisti. Ma Christine Lagarde, numero uno del Fmi, non se ne è curata troppo nel momento in cui ha deciso di fare a pezzi la Trumponomics al termine della missione condotta nella prima economia al mondo. Questione di rivendicata indipendenza dell'organizzazione di Washington, oppure forse semplice avversione a tutto il fare politico che riconduce a The Donald? Una cosa è certa: la bocciatura è su tutta la linea. Lo si capisce fin dalla limata inflitta alle previsioni di crescita dell'America, destinata a incasellare quest'anno (e il prossimo) alla voce Pil appena un +2,1% contro il 2,3% delle stime di primavera. Aggiustamenti, in prospettiva, non privi di conseguenze. Sentenzia infatti l'Fmi: il tasso di espansione del 3% promesso dalla nuova amministrazione Usa è «alquanto improbabile».

Insomma, ceffoni a ripetizione inflitti a chi ha strappato ai democratici la poltrona presidenziale con la promessa di far tornare grande il Paese. Al Fondo, invece, i conti non quadrano dal momento che gli stimoli fiscali ventilati dal tycoon sono finora rimasti lettera morta. E proprio la loro mancata attuazione ha giustificato la revisione al ribasso delle previsioni economiche. E invece, ci sarebbe davvero bisogno di una riforma fiscale capace di rendere il sistema «più semplice, con aliquote più basse e meno esenzioni». L'obiettivo dovrebbe essere anche quello di riequilibrare l'attuale polarizzazione dei redditi, cioè la forbice tra chi ha troppo e chi non ha nulla. Uno slancio solidaristico abbastanza inusuale che giunge da chi, per anni, ha guidato gli squadroni dell'austerity. Ma tant'è: per come è articolato oggi, «il modello economico degli Stati Uniti non sta funzionando come potrebbe». Giusto cambiare. Ma sul come finiscono le convergenze con Trump. Secondo il Fondo, i tagli al budget federale promessi dal successore di Obama mal si accordano con il proposito di garantire prosperità a tutte le fasce sociali. Inoltre, nella parte relativa agli inasprimenti fiscali, l'Fmi propone una tassa federale sui consumi, una ecotassa sulle emissioni e una accisa federale più alta sui carburanti. Tutta roba facile da far digerire a chi ha fatto coriandoli dell'accordo di Parigi sul clima, mostrando di non avere particolare sensibilità verso le politiche di tutela dell'ambiente.

Anche su altri temi altrettanto delicati appaiono siderali le distanze tra la Lagarde e Trump. A cominciare su come vigilare su Wall Street e la finanza in generale. Avverte il Fondo: «L'approccio attuale della regolamentazione e della supervisione dovrebbe essere preservato». Ovvero: vietato toccare le norme prese dopo la grande crisi del 2008.

Proprio ciò che il tycoon ha già cominciato a fare.

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