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Nuovo "no", Dell'Utri resta in cella

I giudici respingono ancora una volta la richiesta di scarcerazione

Nuovo "no", Dell'Utri resta in cella

Un altro no. La corte d'appello di Caltanissetta respinge la richiesta di revisione e chiude a doppia mandata la cella di Marcello Dell'Utri. Tutto resta come prima: l'ex parlamentare rimane nel carcere di Rebibbia dove sta scontando una condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

In questi mesi sono state presentate diverse istanze per far uscire dalla prigione il fondatore di Publitalia. Da una parte si è tentato ripetutamente di far leva sulle sue pessime condizioni di salute: una grave cardiopatia e il tumore alla prostata, di fatto finora mai curato. Ma il tribunale di sorveglianza di Roma, competente perché l'ex senatore è detenuto nella capitale, ha sempre sbarrato la strada, ritenendo invece le patologie compatibili con il carcere. E questo a dispetto dei pareri espressi dagli stessi consulenti dell'accusa e delle allarmate relazioni firmate dalla direzione e dal medico di Rebibbia.

Ma questo è solo un aspetto della battaglia giudiziaria che va avanti ormai da molti mesi. In parallelo gli avvocati hanno anche attaccato nel merito il verdetto di colpevolezza e l'hanno fatto giocando un asso assai pesante: la Corte di Strasburgo ha di fatto revocato la condanna «gemella» nei confronti dell'ex 007 Bruno Contrada. I fatti contestati infatti sono precedenti al 1994, quando il reato, prima vago e ondivago, venne finalmente codificato dalle sezioni unite della Cassazione. Il caso Dell'Utri è una fotocopia di quello Contrada, ma la magistratura italiana si rifiuta di fare due più due e di riconoscere l'evidenza. Nelle scorse settimane sembrava che la svolta fosse finalmente vicina: la procura generale di Caltanissetta aveva vagliato con grande attenzione la nuova richiesta di revisione e si era schierata a favore rompendo il monolitico fronte del no. Di più: il pg aveva proposto la sospensione della pena nell'attesa del verdetto. Ma la scarcerazione non è arrivata.

Dell'Utri non si muove da Rebibbia, la giurisprudenza di Strasburgo si ferma al confine.

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