Politica

Obama: il caos in Libia colpa di Parigi e Londra

«Sarkozy era in cerca di visibilità Dagli alleati europei mi aspettavo più impegno nel dopo-Gheddafi»

La Libia è un pasticciaccio brutto per colpe altrui. L'aveva ricordato l'ambasciatore Usa a Roma John Philips martedì scorso, ci è tornato sopra, con tutta l'autorità presidenziale del caso, Barack Obama: «Il fallimento del 2011 è colpa di Francia e Gran Bretagna». Le critiche della Casa Bianca sono raccolte in un'intervista che Obama ha rilasciato alla rivista The Atlantic per fare il punto sui suoi otto anni in materia di politica estera. Non c'è molta diplomazia nelle parole del presidente a stelle e strisce: «Quando ripenso a quel periodo e mi chiedo cosa sia andato storto, c'è spazio per le critiche. Avevo più fiducia nel fatto che gli europei, considerata la vicinanza con la Libia, sarebbero stati più coinvolti nel dopo Gheddafi». Sarkozy però lasciò l'Eliseo un anno dopo e il premier britannico Cameron era impegnato su altri fronti. «Didn't work, non ha funzionato - rincara la dose -. È vero, abbiamo evitato vittime civili su larga scala e messo fine a una guerra civile che si sarebbe trascinata per anni. E ora? Libya is a mess. La Libia è un disastro, e continua a essere nel caos». Obama è un fiume in piena, e dopo una punzecchiata agli alleati del Golfo («si è sentita anche la mancanza del loro sostegno promesso»), se la prende in particolar modo con la Francia: «Nicolas Sarkozy voleva strombazzare la sua partecipazione alla campagna aerea nonostante il fatto che avevamo spazzato via tutte le difese aeree».Dichiarazioni che fanno il paio con quelle dell'ambasciatore Philips, pronto ad ammettere che «la caduta di Gheddafi andava preparata meglio. Sono passati cinque anni e le cose sono peggiorate. Ma devo ricordare che fu la Francia a spingere per la caduta di Gheddafi, non gli Stati Uniti». Gli americani avevano ottenuto il mandato Onu, costruito una coalizione, speso un miliardo di dollari, ma il piano, alla lunga, non ha dato i frutti sperati. Senza dimenticare che proprio Washington subì una terribile ritorsione con l'assalto all'ambasciata di Bengasi nel quale rimasero uccisi tre funzionari e l'ambasciatore Chris Stevens. Dal numero 10 di Downing Street è arrivata in serata la replica a Obama. In una nota ufficiale si legge che la Gran Bretagna «continua a lavorare alacremente con i partner internazionali per sostenere il processo di pace in Libia e la nascita di un governo stabile».Le esternazioni di Obama sembrano convergere con le rivelazioni dello stesso Gheddafi a Tony Blair nel corso di una telefonata del 25 febbraio 2011, riportata lo scorso gennaio dal quotidiano britannico Telegraph. Gheddafi e Blair, legati da amicizia personale, in quei giorni erano in contatto diretto poiché l'ex premier stava tentando di negoziare con il Colonnello la sua partenza da Tripoli, per mettere fine alle violenze in corso nel Paese nordafricano.

Gheddafi al telefono disse: «Se mi bombardate sarà il caos, perché consegnerete la Libia ai terroristi e a una guerra infinita».

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