Guerra in Ucraina

Ok Usa a Kiev: potrà colpire in Russia. E Putin chiede a Xi nuove armi

L'ipocrisia dei due dittatori. La Cina parla di pace ma rifornisce lo Zar e non ha mai condannato l'invasione. Il via libera di Blinken agli attacchi oltre confine

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Servendosi della «lingua di legno» che è la comune eredità di oltre settant'anni di regimi comunisti in Russia e in Cina, Xi Jinping e il suo ospite e alleato di ferro Vladimir Putin hanno proclamato che la loro sempre più stretta relazione «è un fattore di stabilità nel mondo». A Pechino, dove ha incontrato Xi per la quarantaduesima volta in 14 anni, Putin ha siglato un'intesa «sul partenariato globale e l'interazione strategica»: in pratica Cina e Russia viaggeranno sempre più a braccetto con l'obiettivo di creare un nuovo ordine mondiale. E bisogna tradurre dalla lingua di legno per comprendere che, al di là delle affermazioni di principio («la relazione Cina-Russia non è diretta contro nessuno»), questo nuovo ordine è in funzione anti occidentale.

A Pechino, i due dittatori hanno ripetuto slogan già noti. «Sosteniamo insieme ha detto Putin - i principi di giustizia e un ordine mondiale democratico multipolare basato sul diritto internazionale», mentre per Xi «la Cina è pronta a collaborare con la Russia per sostenere equità e giustizia nel mondo». Significa che l'obiettivo comune di Mosca e Pechino è sostituire l'egemonia americana-occidentale con la propria, spacciata come garanzia di diritti per tutti i Paesi «di seconda e terza fascia» del mondo. Questa collaborazione, ribadita ieri, passa attraverso due piani: geostrategico ed economico. Putin è andato a Pechino per ribadirle sostegno su Taiwan e chiedere (a porte chiuse) maggiore aiuto cinese alla sua guerra all'Ucraina. Xi afferma a parole il contrario («le nostre relazioni favoriscono anche la pace»), ma in realtà è un insostituibile fornitore di tecnologie «a doppia funzione» (utilizzabili cioè anche per armamenti) alla Russia, oltre a sostenerne l'economia di guerra con massicci acquisti di materie prime. Nelle parole dei due dittatori spicca l'ipocrisia: Putin afferma che la pace in Ucraina può essere conseguita solo dalla Cina, dalla quale però intanto si fa armare sottobanco; Xi proclama il diritto di ogni Paese (Ucraina inclusa) all'integrità territoriale, ma non ha mai condannato l'invasione russa. La credibilità cinese per mediare tra Mosca e Kiev è dunque zero.

Il convitato di pietra a Pechino era, anche ieri, l'America di Joe Biden. Quell'America che mentre Xi e Putin esaltano il raggiungimento del 90% di uso del rublo e dello yuan negli scambi commerciali bilaterali sanziona banche e imprese cinesi che lavorano con Mosca e minaccia di escludere Pechino dal sistema mondiale di pagamento basato sul dollaro (spingendo il capo della diplomazia cinese Wang Yi a definire «fuori di testa» gli americani che esercitano pressioni). Minacce che mettono in difficoltà Xi con Putin e sortiscono effetti concreti: molte banche e imprese cinesi fermano i rapporti con la Russia o ricorrono a complicate triangolazioni (ad esempio col Kirgyzistan) per raggiungerla di nascosto.

Questo mentre in Ucraina l'avanzata russa verso Kharkiv pare arrestata su una linea a 8 chilometri dal confine. Presto, secondo l'Istituto di Studio della Guerra americano, Kiev potrà usare per una controffensiva le nuove armi Usa in arrivo.

Putin ha ostentato grande sicurezza in questi giorni, confidando nel divieto di Biden a Zelensky di colpire in Russia con armi americane, ma c'è una frase pronunciata da Antony Blinken che deve preoccuparlo: spetta agli ucraini, anche se non li incoraggiamo a farlo ha detto il segretario di Stato - decidere se usare le nostre armi anche in territorio russo nell'ambito di una strategia difensiva». Una svolta potenzialmente decisiva, di cui Putin ha certo parlato con Xi.

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