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Tra omissioni e bugie la Boschi si salva: fiducia alla Camera

Bocciata la mozione con 373 "no". Restano i silenzi del ministro sulla sua presenza al Cdm che incardinò il Salvabanche. E sul padre non ha detto la verità

Tra omissioni e bugie la Boschi si salva:  fiducia alla Camera

Maria Elena Boschi ha sbagliato. Ieri, perorando la propria causa dinanzi alla mozione di sfiducia grillina a Montecitorio - bocciata con 373 no e 129 sì - avrebbe dovuto usare direttamente la lingua napoletana per rendere credibile la sceneggiata. Avesse detto «Pat-m è nu piezz 'e core e nun s'a lassà» («Mio padre è un pezzo di cuore e non si deve abbandonare») sarebbe stato perfetto visto il tono lacrimevole da self-made family dell'Aretino utilizzato.Anche perché Maria Elena Boschi non ha detto tutta la verità. anzi, ha esordito con una bugia. «Mio padre è stato eletto membro del consiglio di amministrazione di Banca Etruria nel maggio del 2014», ha detto. È falso: Pier Luigi Boschi è stato eletto consigliere di amministrazione dell'istituto per la prima volta nell'assemblea del maggio 2011 ed è stato riconfermato nel 2014 per poi essere nominato vicepresidente qualche mese dopo. «Come consente la legge non hanno fornito informazioni sui loro titoli, ma sicuramente non si offenderanno se lo farò io oggi in quest'Aula», ha aggiunto poi il ministro riferendosi al fatto che la propria dichiarazione patrimoniale non si accompagnata da quella dei congiunti. Ci ha così svelato che il fratello Emanuele ne possedeva 1.847 e il fratello Pier Francesco 347. Dei genitori si sapeva già che ne possedessero 9.563 dall'ultimo bilancio della banca, quello del 2013. Oggi sono tutte carta straccia.Ma Maria Elena l'ha spacciata per una novità senza precisare, invece, alcunché a proposito di «operazioni con parti correlate», cioè debiti e soprattutto crediti di Etruria con gli amministratori, loro parenti e società collegate (eccezion fatta per il mutuo ipotecario concesso al fratello di cui non è stato reso noto l'importo). Sarebbe stato interessante saperlo poiché il salvataggio della banca ha evitato la liquidazione che avrebbe imposto il rientro dei fidi. E questo, sì, sarebbe stato conflitto di interessi.Ma su questo tema il ministro ha sorvolato, non è entrata nel merito. Si è limitata a dire: «Se mio padre ha sbagliato deve pagare». Bella forza! Ci mancherebbe pure la pressione sulla magistratura dopo aver messo in imbarazzo il pm aretino Rossi che ha il duplice ruolo di magistrato inquirente e di consulente di Palazzo Chigi.Conflitto di interessi, dicevamo. Maria Elena Boschi ha puntato tutto sull'assenza di «favoritismi», sulla correttezza dell'operato del padre, sui suoi dieci chilometri a piedi per andare a scuola. Ma non ha spiccicato parola sul proprio personale conflitto di interessi in quanto componente di un governo che ha emanato provvedimenti che hanno avuto effetto sulla propria famiglia. Certo, sappiamo che Maria Elena Boschi non ha partecipato alle riunioni del 20 gennaio (decreto popolari) e 22 novembre (decreto salvabanche). Ma è noto che abbia partecipato al Consiglio del 10 settembre, quello che ha incardinato i decreti legislativi di ricezione della direttiva europea sul bail-in che inasprito le condizioni per avviare l'azione di responsabilità per gli amministratori di banche in risoluzione tra i quali suo padre. Alla stesso modo, da una denuncia degli M5S del 4 febbraio 2015 sappiamo che Maria Elena partecipò alla conferenza dei capigruppo finalizzata a calendarizzare alla Camera il decreto popolari. Su questo conflitto di interessi Maria Elena è restata in silenzio, forse per non dover mentire.

O forse, molto più semplicemente, perché «Pat-m è nu piezz 'e core».

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