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"Ora Bruxelles aiuti le imprese uccise dalle sanzioni anti Putin"

La ricetta del vicepresidente del Parlamento europeo: "Utilizzare parte dei 150 miliardi di fondi per la politica industriale a sostegno delle aziende colpite dalle contromisure russe"

"Ora Bruxelles aiuti le imprese uccise dalle sanzioni anti Putin"

Roma - Da ieri sono in vigore le nuove sanzioni imposte dall'Unione Europea alla Russia in seguito alla crisi ucraina. Saranno penalizzate ulteriormente le società energetiche, finanziarie e aerospaziali che fanno capo a Mosca. Ovviamente, il presidente Vladimir Putin ha dichiarato di esser pronto ad applicare contro-sanzioni. Chi rischia di più, però, sono le imprese europee - in particolare le italiane - perché le loro esportazioni potrebbero subire contraccolpi negativi. Ecco perché il vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani (Fi), lancia un appello a Bruxelles: «Utilizziamo parte dei 150 miliardi di fondi per la politica industriale comunitaria per sostenere le aziende che soffriranno le conseguenze delle contromisure russe».

Onorevole Tajani, non c'era altra possibilità alternativa al nuovo round di sanzioni?

«Sì, infatti bisogna agire per via diplomatica e trovare una soluzione. Non c'è soltanto il problema ai confini orientali dell'Unione ma c'è quello, ancor più grave, del Califfato. L'Europa ha due grandi problemi e il più preoccupante è la questione islamica. Con la Russia si può fare fronte comune contro questa minaccia».

Qual è il cuore della sua proposta?

«Occorre fare in modo che le imprese che possono subire danni economici siano in qualche modo accompagnate con azioni commerciali. Per l'agricoltura ci sono già fondi economici che possono essere utilizzati. Per gli altri settori si può dar vita a un piano d'azione mettendo in campo una serie di iniziative. Ad esempio, cercando di controbilanciare il calo delle esportazioni e degli investimenti conseguenti alla crisi russo-ucraina consentendo alle aziende di svilupparsi in altre parti del mondo, come il Sud America, l'Africa. Penso anche alle nuove economie come Vietnam e Myanmar in Asia o Perù, Cile e Colombia nell'America Meridionale».

E dal punto di vista delle risorse?

«Si possono utilizzare i 150 miliardi stanziati dal documento di politica industriale 2014-2020 approvato dalla Commissione Ue e dal Consiglio Ue nei mesi scorsi. Si potrebbe fare in modo che una parte di questi fondi vengano destinati a settori che subiscono contraccolpi a causa delle sanzioni».

Nel bilancio comunitario come sono distribuiti questi capitoli di spesa?

«I fondi regionali ammontano a 100 miliardi, quelli del programma “Orizzonte 2020” sono 40 miliardi, mentre il resto attiene al programma Cosme per le piccole e medie imprese. Una parte di questi stanziamenti può essere utilizzata per favorire l'innovazione e la ricerca con bandi allargati e agevolati per quei settori che sono particolarmente colpiti dalle sanzioni. Inoltre c'è il fondo Globalizzazione che si può utilizzare per contenere il probabile aumento della disoccupazione in seguito all'escalation tra Russia e Ucraina».

Quali altre azioni si possono intraprendere?

«Un altro punto importante è attivarsi per moratoria legislativa riguardante i settori economici svantaggiati dalla crisi con la Russia. C'è già un precedente come il piano d'azione “Cars 2021” che ha bloccato la produzione normativa nei confronti dell'automotive europeo per non aggravarne la crisi. Presenterò un'interrogazione alla nuova Commissione per sollecitare questa serie di interventi anche se mi auguro che non si realizzino e che si riesca a raggiungere prima un accordo diplomatico».

Non sarà facile il suo lavoro visto che l'Italia non pare amatissima a Bruxelles.

«Sono tutte misure che si possono adottare agevolmente. In fondo, Germania e Italia sono i Paesi maggiormente penalizzati da questa situazione. Merkel è sempre stata prudente al riguardo. Certo, occorre far capire a Putin che non è nel suo interesse peggiorare le relazioni con l'Ue e convincere l'Ucraina ad avere posizione diversa. Basti ricordare che quando ci fu la crisi in Georgia l'intervento del presidente Berlusconi presso Putin fu decisivo per evitare che i russi entrassero a Tbilisi».

A proposito di Bruxelles, ieri il commissario Katainen non è stato tenero nei confronti della richieste di maggiore flessibilità sul Patto da parte del governo Renzi.

«Senza riforme sarà impossibile ottenere flessibilità. La Commissione ha chiesto tre cose: riforma del mercato del lavoro, riforma della giustizia e pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Finora nulla è stato fatto in concreto. Bisogna essere seri, a Bruxelles i proclami non servono. La Spagna, oggi, è molto più autorevole di noi in sede comunitaria proprio perché quelle riforme le ha portate a termine.

E non lo dico solo perché Rajoy guida un governo di centrodestra».

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