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Ora Di Maio ripesca le 200mila firme contro l'euro

Il vicepresidente della Camera: Italexit mai nei programmi M5S. La sfida: se Renzi perde, lasci

Ora Di Maio ripesca le 200mila firme contro l'euro

Roma - Per chi non avesse ancora capito la natura dello scontro in atto tra popolo e oligarchi del potere (corifei e microfonisti compresi), c'è da ieri pomeriggio l'intervista di Lucia Annunziata al grillino Luigi Di Maio a In Mezz'ora che ne costituisce una summa preziosa. Materiale antologico da conservare in teche per utilizzi da parte di storici futuri. Nel vano anzi goffo tentativo di far sbroccare il giovanotto - vicepresidente della Camera nonché componente del Direttorio M5S anche in virtù di un'imperturbabilità quasi andreottiana - la Annunziata è finita a gambe all'aria sugli sdrucciolevoli terreni parlamentari. Almeno, però, pur non volendo, ha consentito a Di Maio di ricordare la raccolta di 200mila firme grilline per chiedere un referendum sull'euro, che risale al 2013 ma poi è rimasta lettera morta dopo il deposito in Senato. «Non hanno preso neppure in considerazione la proposta di legge per derogare al divieto costituzionale di referendum sui trattati internazionali...», ha spiegato di Maio, che non vuol sentir parlare di referendum per l'uscita dall'Unione. Se ne fossero celebrati in Francia e Olanda, spiega, «non ce ne sarà più alcun bisogno, significherebbe che l'Europa è già disgregata e ognuno sta correndo da solo per se stesso». Nei programmi del M5S non è mai stata messa in discussione la permanenza nella Ue, ha aggiunto, prova ne sia che «abbiamo oggi 17 eurodeputati, altrimenti non li avremmo neppure candidati. Noi ci crediamo ancora, ma non certo alla Ue delle banche». Dunque, benvenuto «scossone» della Brexit, che l'Europa «s'è meritato». Ora l'importante sarebbe far ripartire l'Unione cambiandone tutte le regole che hanno allontanato i cittadini.

Alle illazioni un po' grottesche dell'Annunziata («Come si è svegliato con la Brexit, sgomento o contento, ha festeggiato o è angosciato?»), il vicepresidente della Camera con aplomb very british ha spiegato che si è trattato piuttosto di «una vittoria della democrazia e dovremo abituarci a queste consultazioni dirette, perché più il potere si chiuderà a riccio nelle proprie scelte, più saranno lontane dalla volontà del popolo». Quindi non ha festeggiato né è terrorizzato: «Penso solo agli effetti sull'Italia». E se la Ue «è fallita» e Renzi «non ha fatto nulla perché poco credibile», ora sarà bene che mantenga la sua promessa, «e si dimetta se perde il suo, di referendum.

Noi non lo chiederemo, ma speriamo nella prima volta del premier: mantenere ciò che promette».

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