Cronache

Orde di maschi soli: il rischio "ignorato"

Per gli esperti la maggior parte degli stranieri arrivati sono "giovani e non fidanzati"

Orde di maschi soli: il rischio "ignorato"

Roma - Il sesso dei migranti. Non se ne parla, eppure il problema c'è, scivoloso come ogni nuovo e inquietante argomento tabù. Per di più legato, come questo è, all'epocale evento migratorio di cui finora abbiamo visto solo delle avvisaglie. E la cosa resta in fondo abbastanza strana, considerata la portata del fenomeno e la circostanza che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, la sua incidenza sfugga - come i fatti di Colonia si sono premurati di rendere visibile, magari in modo parossistico e (per fortuna) in versione miniaturizzata; ovvero avevano fatto emergere alcune proteste di profughi maschi nei campi di accoglienza italiani tempo fa (lamentavano di non potere fare sesso, ma chi se ne ricorda?). Il problema ha mille sfaccettature, a cominciare dall'innegabile orientamento arcaicamente maschile del mondo islamico (non sfuggito al formidabile Houellebec del romanzo Submission, Sottomissione). Però non di soli fattori culturali ed emancipazione femminile si tratta. Per esempio: che cosa succede in una società nella quale ci siano troppi individui di sesso maschile? O nella quale improvvisamente irrompino orde di uomini soli? Se lo sono chiesti in un saggio dal profilo un po' provocatorio Valerie Hudson e Andrea M. den Boer, la prima riconosciuta esperta in questioni di politica globale (insegna alla Brigham Young University). Il libro s'intitola Bare Branches, Rami spogli, così come vengono chiamati in Cina i nuovi single, effetto imprevisto delle politiche demografiche perseguite nei decenni scorsi dal governo di Beijing, che ha drammaticamente ridotto il numero delle femmine. Al punto che in Cina (il fenomeno riguarda in misura minore anche l'India) ci sono 130 maschi per ogni cento donne, con la prospettiva non certo esaltante di una futura, possibile emigrazione «per andare in cerca di una donna». Ma la sproporzione si acuisce nel fenomeno delle migrazioni economiche e per sfuggire alla guerra che hanno investito negli ultimi anni l'Europa: sia perché a scappare sono in primis i ragazzi, sia perché spesso è più facile che siano i maschi a sopravvivere alla durezza dei viaggi e delle condizioni di vita. Così che, scrivono gli autori, l'aspetto «cruciale della crisi dei migranti è stato largamente sottovalutato: il sesso. O meglio, il rapporto statistico tra maschi e femmine. Una percentuale sproporzionata dei migranti sono uomini giovani, non sposati e non fidanzati». Nel saggio si sostiene che siano maschi «il 66,26 per cento dei migranti registrati in Italia e Grecia. E il 90 per cento dei minorenni». Dei richiedenti asilo in Svezia, il 71 per cento sono maschi, nota anche un editoriale sul New York Times che cita il saggio e l'esito che la Hudson prevede come ineluttabile: «Ci saranno 11,3 maschi per ogni ragazza». Squilibri che non mancheranno di alterare «drammaticamente», osserva la Hudson, «e per i decenni a venire, il bilanciamento tra i sessi nei paesi europei». Con conseguenze non solo sulla tipologia della popolazione e le culture dominanti, ma anche sul tipo di aggressività e violenza insita nelle società con popolazione a prevalenza di soggetti maschi. L'unico governo a veder chiaro in uno scenario del genere pare esser stato quello canadese, il cui premier Justin Trudeau, nell'accogliere 25mila siriani in fuga (gli ultimi arriveranno a febbraio), ha imposto una secca regola di carattere oggettivamente sessista: «Porte aperte soltanto a donne, bambini e gay (che in Siria sono perseguitati, ndr). Niente maschi soli e non sposati».L'inquietante prospettiva riguarda però il futuro, e presumibilmente non è corretto ritenerla ineludibile.

Se in Italia tra i residenti immigrati la percentuale maggiore resta quella delle donne (dati Istat al primo gennaio '15), tra il milione e 400mila immigrati giunti in Europa al 2013 (ultimi dati Eurostat) la prevalenza degli uomini è ancora sopportabile: 53 a 47 per cento.

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