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"Oscena la sinistra che insegue i tagliagole"

Lo storico, estensore di uno degli appelli: "II mio ateneo infangato da un atto di squadrismo"

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«Squadristi». Lo ha scritto nel documento e lo ripete, Brunello Mantelli, storico contemporaneo, già professore a Torino, poi all'Università della Calabria, orientamento di sinistra, estensore del manifesto «torinese», che ha già ottenuto un'ottantina di adesioni e che chiede alle autorità accademiche di «riconsiderare» il no al bando di collaborazione con Israele, chiarendo in modo «inequivocabile» la contrarietà a ogni atto di «boicottaggio accademico».

Professore, ha molto colpito la «gogna» che i collettivi hanno imposto al Senato accademico.

«Colpisce. Ci può anche stare l'interruzione di una seduta per un problema che riguarda lo studio. Ma qui si tratta di coartare un organo istituzionale: Ora fate come diciamo noi. Un atto squadrista».

Lei ha detto che il suo Ateneo è stato infangato...

«Per la pusillanimità della maggioranza del senato accademico, di fronte a metodi di natura squadristica di una minoranza di facinorosi. Oltretutto, se vuole è un diritto anche quello di dire idiozie, ma la cosa nel merito è priva di senso, fuori dal mondo, perché ogni singolo docente potrebbe stabilire collaborazioni con chi vuole, come è giusto che sia. Le Università sono luoghi di libero autogoverno, e anche di dissenso, con relazioni libere».

Ma il problema sembra sussista solo per Israele.

«Questo è antisemitismo. Mi dispiace, ma decidere che Israele faccia cose diverse da altri Stati, questo è. Gli Stati non sono né buoni né cattivi. Hanno il monopolio della forza. Israele non è né migliore né peggiore di altri. Pretendere che solo Israele si confronti con regole morali astratte è antisemitismo. Gli stessi che si mobilitano poi non muovono un dito su Tibet, Sud Sudan, Yemen, o sull'Iran che arresta le donne per un velo messo male».

Cose che dicono in pochi purtroppo. Lei è ebreo o ha origini ebraiche?

«No, sono nato in una famiglia di cattolici moderati. E da un lato socialisti, e io sono ateo. Ho scoperto la cultura ebraica come studioso dell'universo concentrazionario nazista. Sono amico delle comunità ebraiche».

Molti ebrei italiani oggi denunciano un clima inquietante e minaccioso. L'ha già visto in passato?

«No. Ci sono state contrapposizioni, anche dure, ma politiche. Io sono un cane sciolto di sinistra. Ma questo clima direi di no. Mi pare venga fuori una sorta di legittimazione dell'antisemitismo. Come dire: Finalmente possiamo essere antisemiti senza vergognarci».

E la sinistra, salvo rare eccezioni come Piero Fassino, pare muta di fronte a questo clima allarmante.

«Ha ragione. Abbiamo una sinistra novecentesca che andrebbe rottamata: ormai siamo fuori dal Novecento. È in corso un riassetto mondiale e se l'alternativa è quella che vediamo, il modello zarista o quello che opprime le donne dietro al velo, allora io sono molto filo-occidentale e dico: teniamoci stretto l'Occidente, che è l'unico sistema capace di auto-criticarsi, da dentro».

Qualcuno dice che non c'entra il territorio, lo Stato, e che la Palestina è l'ultimo mito della sinistra.

«Sì, sono d'accordo. È l'esigenza di un riferimento per l'incapacità di partire da sé. I palestinesi, per una sinistra che si pretende rivoluzionaria, sono il sostituto della classe operaia rivoluzionaria. Il tema è l'antiamericanismo, che unisce la sinistra radicale e la destra radicale. E se l'Occidente è il nemico, il nemico del mio nemico è mio amico. Si è partiti da Mao e Ho Chi Minh per arrivare ai peggiori tagliagole, e a cacciare le donne che ricordano le israeliane rapite e stuprate da Hamas, o all'oscenità per cui gli stupri del 7 ottobre sono una rivolta.

Ma che rivolta?».

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