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Padoan ostenta fiducia Confindustria amara: «La ripartenza non c'è»

Il Pil cresce dello 0,2%: per il governo è in linea con le stime. Squinzi però è pessimista: «Speriamo vada meglio oppure sono guai»

N on è passata nemmeno un'ora dalla diffusione di quello sconfortante +0,2% congiunturale segnato dal Pil nel secondo trimestre che da Confindustria arriva la prima raffica di artiglieria.

A guidare le operazioni è il presidente Giorgio Squinzi, che negli ultimi mesi ha tenuto a freno un'evidente insoddisfazione (solo dal Sole 24 Ore di tanto in tanto è venuta qualche critica al governo). «È quello che ci aspettavamo. Purtroppo è la conferma che non c'è una ripartenza vera», ha dichiarato il numero uno di Viale dell'Astronomia ad Affaritaliani.it . I motivi del malcontento confindustriale sono abbastanza noti anche se, da quanto afferma mister Mapei, Palazzo Chigi sembra non averne tenuto conto fino in fondo. «In Italia finché saremo così bloccati da tutte le complicazioni burocratico-amministrative e in più con tutti i problemi che abbiamo senza fare le riforme, non ci muoveremo», ha aggiunto. Ormai tutto è affidato all'esito del secondo semestre. «Speriamo, lo speriamo fortemente che vada meglio, altrimenti sono guai», ha auspicato Squinzi, sottintendendo che quel +0,4% di crescita acquisita (cioè se gli ultimi due trimestri 2015 presentassero variazioni nulle; ndr ) implicherebbe un altro bagno di sangue per il sistema industriale italiano a dispetto della fine della recessione tecnicamente intesa. La ricetta è sempre la medesima. «Si devono creare le condizioni favorevoli all'impresa: questo è il problema vero».

Quasi presentisse il riversarsi di un fiume di critiche addosso all'esecutivo, il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, aveva affidato qualche minuto prima le sue opinioni in merito a un portavoce. Il risultato del Pil nel secondo trimestre è «come da attese». In pratica, il titolare del Tesoro vuol far sapere ex post che le previsioni di un +0,3% trimestrale erano troppo ottimistiche e che la «programmazione finanziaria del governo è basata su stime affidabili», cioè il rispetto del 2,6% di deficit/Pil che si regge su una crescita annua allo 0,7% si può conseguire senza particolari patemi d'animo. La chiusa del comunicato è in sapido stile renziano. «Il Paese - ha concluso il ministro - può e deve fare di meglio: riforme strutturali e politica economica favoriranno l'accelerazione». Nel silenzio di Renzi il vicesegretario Pd, Lorenzo Guerini ha sparso ottimismo: «Avanti con le riforme!». «Solo le riforme sono in grado di far prendere alla ripresa dimensioni meno gracili», gli ha fatto eco il viceministro dell'Economia, Enrico Morando.

Al cieco fideismo nelle magnifiche sorti e progressive si è contrapposto il tweet affilato del capogruppo alla Camera di Forza Italia, l'economista Renato Brunetta. «Lo 0,7% finale è a rischio. Addio sogni di Pil. Povero Renzi. Povera Italia», ha scritto. Molto più tranchant il segretario della Lega, Matteo Salvini: «Con questi dati in un qualunque Paese normale ci sarebbero le scuse e le dimissioni del governo», ha dichiarato aggiungendo che «questo è un governo di chiacchieroni e incapaci: ormai lo ha riconosciuto perfino Squinzi». Il futuro non promette nulla di buono, a quanto pare.

«Se andiamo avanti a crescere dello 0,2, recupereremo la nostra capacità produttiva nel 2200», ha concluso Salvini.

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