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Paese masochista sulle pensioni

Paese masochista sulle pensioni

Più che un Paese di santi, poeti e navigatori, siamo il regno dei masochisti. Lo confermano le esternazioni del Palazzo sugli immigrati che finiscono per fornire un alibi ai nostri partner europei pronti a scaricarci il peso degli africani che sbarcano sulle coste della Sicilia. Con il nostro atteggiamento, siamo riusciti, dopo un secolo, a ricreare, in qualche modo, l'Impero austroungarico perché Vienna e Budapest si sono ritrovate sullo stesso fronte contro le richieste italiane di aiuto.

Certo, abbiamo tanti buoni motivi per condannare i toni usati dai nostri cosiddetti compagni di viaggio, ma forse è anche giunto il momento di cominciare a recitare qualche mea culpa. Basta un piccolo esempio: il presidente dell'Inps Tito Boeri che ci ha elargito, dal suo punto di vista, una grande verità, cioè che gli immigrati sono addirittura un affare. In effetti, il Prof non ha tenuto il minimo conto di tutti gli altri costi legati alla presenza degli extracomunitari in regola. Per non parlare degli stranieri abusivi. Secondo lui, quelli a norma versano ogni anno 8 miliardi in contributi previdenziali e ne ricevono 3 in pensioni, con un saldo netto di circa 5 miliardi per le casse del suo istituto, una specie di toccasana come se l'Inps fosse una entità completamente sganciata dal resto del Paese.

Le cifre fornite da Boeri saranno anche corrette, ma il professore ci dovrebbe pure dimostrare, con la disoccupazione sempre più dilagante, che gli immigrati sono assunti per un lavoro che solo loro sono in grado di svolgere. Perché, invece, al posto loro non possono essere assunti disoccupati italiani? Il vantaggio per l'Inps è legato all'età dei dipendenti: più sono giovani e più contributi possono pagare nell'arco della loro vita lavorativa, a prescindere dalla nazionalità. Secondo il presidente dell'istituto, chiudendo le frontiere agli immigrati «rischiamo di distruggere il nostro sistema di protezione sociale» perché la quota degli extracomunitari under 25 è passata dal 27,5% del 1996 al 35 del 2015, cioè 150 mila contribuenti in più che bilanciano il calo delle nascite. Sarà anche così però, mai come oggi, ci sono tantissimi giovani, italiani doc, senza uno straccio d'attività. Quando la disoccupazione dilaga, non è più accettabile il vecchio discorso che ci siano ancora tantissime mansioni rifiutate dai nostri giovani. Non è più tempo, ormai, etnicamente parlando, di distinguere tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. E lasciamo perdere il discorso dei neo-laureati di casa nostra sempre più costretti, checché dica il ministro del Lavoro Poletti, ad andare all'estero per sistemarsi.

Morale della favola: è meglio che Boeri cambi registro. Per quanto ci riguarda, dobbiamo prendere un po' le distanze da certi bocconiani.

Una volta, quando presidente della Bocconi era Giovanni Spadolini, nutrivo una grande ammirazione per allievi e professori dell'ateneo, ma oggi, dopo Mario Monti e lo stesso Boeri, ho cambiato idea.

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