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Il paesino dichiara fallimento: è colpa dei profughi

I quattro minori assegnati a Forni Avoltri (Udine) costano 10mila euro in due mesi. Ma è l'intero bilancio comunale

Il paesino dichiara fallimento: è colpa dei profughi

Udine - A Forni Avoltri le brutte notizie sono arrivate con la posta. Le ha portate il postino, recapitando in municipio la fattura con la quale una struttura d'accoglienza della zona ha presentato il conto per l'ospitalità offerta a un quartetto di adolescenti africani. I 4, giunti in Italia in primavera con una delle cicliche ondate migratorie, una volta identificati erano finiti nel paesino dell'alta Val Degano, 642 abitanti sparpagliati in 6 nuclei abitati, nella Carnia. Per la legge, la ripartizione dei compiti (e delle spese) è chiara: la gestione dei profughi maggiorenni è carico del bilancio statale. Ai minori, invece, provvedono i Comuni. Con quali soldi? È la domanda che s'è fatta il sindaco del centro friulano, Clara Vidale, quando l'occhio s'è posato sul totale richiesto: 10mila euro per aprile e maggio. Qualche centesimo in più di 40 euro al giorno per il mantenimento di ciascuno dei giovanissimi ospiti. Un'enormità per un ente al quale, stando ai dati dell'ultimo bilancio, tra il 2010 e il 2012 il governo ha trasferito all'incirca 11mila euro e altrettanti ne ha garantiti, allargando i cordoni della borsa con magnanimità, nel 2013. Considerato che a giugno un quinto ragazzo proveniente dal Mali è stato aggregato al gruppo, il conto è destinato ad appesantirsi nei mesi a venire. Pericolosamente.

«Non c'è nessun pregiudizio nell'accogliere quei ragazzi», precisa a scanso d'equivoci il sindaco Vidale. Il problema, spiega, è un altro: va oltre il colore della pelle, che non c'entra nulla, e riguarda i rapporti tra istituzioni. Tra chi decide a tavolino e chi, poi, è chiamato ad eseguire. «I minori in questione - precisa il primo cittadino - non sono stati trovati sul nostro territorio, ma sono stati qui accompagnati sulla base dei piani di gestione dell'emergenza profughi». Insomma, spediti come fossero pacchi, ma con tassa a carico del destinatario. «Rischiamo di

andare fuori bilancio», taglia corto. Per questo, tirate le somme, ha preso carta e penna scrivendo a mezzo mondo: Prefettura, questura, Tribunale per i minori e, dulcis in fundo, al ministro all'Interno Angelino Alfano. Paghi lo Stato, ha chiesto. Risposte? Nessuna.

A Roma da quell'orecchio non sentono.

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