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Palamara sotto torchio: "Non sono corrotto" Gli ispettori in Procura

Il magistrato si difende davanti ai colleghi e Bonafede fa partire la sua inchiesta

Palamara sotto torchio: "Non sono corrotto" Gli ispettori in Procura

Secondo giorno di interrogatorio per Luca Palamara. Seduto su una sedia insolita per lui, che è un pm di punta della Procura di Roma ed è stato presidente dell'Associazione nazionale magistrati nonché consigliere del Csm: quella riservata agli indagati. Per corruzione, nel suo caso. Mentre il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, preoccupato soprattutto perché la vicenda coinvolge le nomine del Csm, ha attivato l'ispettorato per le verifiche.

Il pm è stato ascoltato di nuovo dai colleghi di Perugia, cui competono le indagini sulle toghe della capitale, su una storia di presunti tentativi di manovrare, in cambio di favori, le nomine negli uffici delle Procure che indagano su persone a lui vicine. E ha respinto tutte le accuse. Anche quella di aver cercato di delegittimare alcuni colleghi della sua stessa Procura. Al centro dell'inchiesta che lo ha messo nei guai, e che si intreccia con i veleni scoppiati per la successione alla carica di procuratore capo di Roma dopo il recente pensionamento di Giuseppe Pignatone, ci sono i rapporti inopportuni tra il magistrato e Fabrizio Centofanti, il lobbista arrestato nel 2018 per frode fiscale, in affari con l'avvocato Piero Amara e Giuseppe Calafiore, coinvolti in una più ampia indagine sulla compravendita di sentenze al Consiglio di Stato. L'accusa ritiene che Palamara sia stato corrotto per mettere a disposizione la sua funzione di membro del Csm: non solo viaggi e soggiorni, ma anche il pagamento di un cenone di Capodanno a Madonna di Campiglio, un anello e 40mila euro che avrebbe ricevuto da Centofanti per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela.

«Non mi riconosco in quanto pubblicato sui giornali - si è difeso Palamara - non ho mai avuto intenzione di danneggiare nessun collega del mio ufficio e tantomeno l'aggiunto Paolo Ielo». L'ex presidente dell'Anm ha negato di aver mai ricevuto somme di denaro o favori e per dimostrarlo ha iniziato a produrre documentazione sui viaggi contestati e i relativi pagamenti. Mai avrebbe avuto rapporti con Amara e Calafiore e soprattutto non avrebbe mai perorato il nome di Longo per la Procura di Gela: quell'anno non sarebbe stato nella commissione competente e non avrebbe mai indicato a nessuno quel nominativo. Per Palamara, inoltre, le frasi intercettate che farebbero pensare ad un tentativo di screditare Ielo, il procuratore aggiunto che aveva inviato di atti su di lui a Perugia, sarebbero soltanto giudizi e opinioni espressi in un momento di tensione interna all'ufficio per la nomina dei vertici. Perché la poltrona lasciata vacante da Pignatone ha scatenato una battaglia senza esclusione di colpi tra chi vorrebbe un successore che operi in continuità con il suo operato e chi invece preferirebbe un magistrato che lavori in discontinuità con il predecessore. Tra questi ultimi lo stesso Palamara. L'inchiesta si è abbattuta con un effetto domino sugli uffici di piazzale Clodio coinvolgendo anche altri magistrati. Non solo il pm Stefano Rocco Fava, autore di un esposto per conflitto di interessi contro il procuratore Pignatone e l'aggiunto Ielo e considerato dalla Procura di Perugia lo strumento attraverso il quale Palamara avrebbe cercato di screditare Ielo, ma anche il consigliere del Csm Luigi Spina, che avrebbe rivelato a Palamara notizie sull'inchiesta. Indagato per rivelazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento, ieri Spina si è autosospeso dall'attività del Csm. Insomma una vicenda complessa sulla quale anche l'Anm vuole fare chiarezza.

Per questo ieri, a tutela della categoria, ha chiesto gli atti alla Procura di Perugia.

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