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Papa Francesco condanna "ogni forma di odio". Ma (in pubblico) non nomina ancora l'Isis

Il dolore di Bergoglio per il prete sgozzato

Papa Francesco condanna "ogni forma di odio". Ma (in pubblico) non nomina ancora l'Isis

Roma - «La condanna più radicale di ogni forma di odio e la preghiera per le persone colpite». È stata questa la prima reazione pubblica di Papa Francesco e del Vaticano dopo l'attacco jihadista nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray in Normandia. Una condanna contro le violenze in cui non viene pronunciata la parola «Isis» o «Daesh» ma a cui Bergoglio è ormai abituato, avendola pronunciata sempre più spesso a seguito degli attentati terroristici che stanno sconvolgendo il mondo.

Dentro le stanze vaticane, i più vicini collaboratori di Francesco raccontano però di un Pontefice in partenza per Cracovia sempre più preoccupato e turbato, un Papa che nel 2014 diceva: «È bene tenere una porta aperta per il dialogo con l'Isis, anche se penso che sia impossibile» e che oggi invece non sembra trovare più parole per discutere della barbarie jihadista, rimanendo spesso in silenzio a riflettere o a pregare di fronte a discorsi in cui si parla del Califfato e sperando che la «Guerra mondiale a pezzi», di cui parla ormai da tempo, si vinca anche con l'appoggio dell'Islam moderato. Proprio per questo motivo, Francesco, ha riallacciato i rapporti con le massime autorità sunnite e dialoga da tempo con il governo sciita di Teheran, nella speranza che siano principalmente loro a combattere dall'interno, anche ideologicamente, la deriva fondamentalista.

«Se c'è una condanna banale da parte dell'islam moderato, anche senza impegno, allora è senza senso», commenta invece al Giornale il cardinale Velasio De Paolis, Presidente Emerito della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede: «Non c'è dialogo se una comunità non riesce a condannare nemmeno in modo evidente, palese, convinto, direi quasi universale, questi fatti ed episodi. Il Papa fa bene a intervenire e a condannare. Dovrebbero farlo però anche i musulmani cosiddetti moderati, dovrebbero associarsi senza tentennamenti alle parole di condanna».

Da quando si sono intensificati gli attacchi in Europa, Papa Francesco, in più di un'occasione privata, racconta chi gli sta accanto, ha definito i terroristi come «degli uomini che hanno perso la vera visione di Dio, accecati dal dio denaro e dall'odio». «Dei giovani - avrebbe detto durante una colazione a Santa Marta - che non hanno più degli ideali, plagiati da chissà quale mente criminale». Un Papa provato, che se in pubblico non punta il dito chiaramente contro il sedicente stato islamico, in privato, come Jorge Bergoglio, si dice addolorato ma allo stesso tempo «speranzoso che questi terroristi trovino la ragione e depongano le armi per abbracciare i fratelli». «Il dialogo - spiega il cardinale De Paolis - si dovrebbe sempre fare, altrimenti facciamo muro contro muro. Però non dev'essere motivo per dimenticare gli atti terroristici come questo. Purtroppo - conclude - spesso ci si dimentica di quanto è avvenuto e ci si appella al dialogo con l'Islam quasi per evadere il discorso.

E le cose rimangono come prima».

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