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La parabola della Boschi: da regina a indesiderata

Fino a pochi mesi fa era la stella in ascesa. Oggi rischia faccia (e poltrona) sul referendum

La parabola della Boschi: da regina a indesiderata

Roma - Chissà, forse alla fine il confronto l'ha vinto lei, perché è stata più chiara e non è andata fuori tema. O magari è vero il contrario: Matteo Salvini, si sa, nelle telerisse è a suo agio, è bravo a buttarla in caciara e in tv funzionano più gli slogan che i ragionamenti. Ma, per molti osservatori, il punto focale è un altro, e cioè che Maria Elena Boschi il faccia a faccia con il segretario della Lega a Otto e mezzo non doveva proprio accettarlo. Sedersi là, nello studio della Gruber a La 7, infatti è stato considerato un segnale di debolezza.

Debole lei, la regina, la ministra più importante della squadra di Renzi, l'immagine della dinamicità del governo? Sembra un paradosso eppure, dopo i primi mesi di grande ascesa, la parabola della Boschi appare da tempo in fase calante. Certo, il giudizio finale viene rimandato al 4 dicembre, all'esito del referendum costituzionale: se prevarrano i Sì, il ministro delle Riforme sarà la prima a rilanciarsi. Il problema è che per ora, stando ai sondaggi, in vantaggio ci sarebbero i No, e questo costringe Renzi e la «prima fila» del premier a fare campagna elettorale pancia a terra in giro per l'Italia nel tentativo di recuperare.

E così pure la Boschi deve darsi da fare, andare in tv, fare comizi, partecipare a serate e incontri. All'inizio alla Gruber aveva detto di no, un po' perché Palazzo Chigi non era soddisfatto del trattamento riservato dalla rete di Cairo ai suoi ministri, un po' perché la sfida con Salvini si presentava come un salto nel buio. Ma poi, pressata dai tweet del segretario leghista, «Boschi scappa», ha deciso di «cambiare l'agenda». L'indecisione, altro segno di debolezza.

Insomma, era la donna più importante d'Italia, ora è costretta a pedalare. E a rischiare visto che, per diversi motivi, la sua immagine si è un po' appannata. All'inizio a turbarla era le troppe attenzioni alla sua persona e alla vita private, dalle foto in bikini dei settimanali di gossip alla caccia al fidanzato.

Poi c'è stato il caso dell'imitazione che le faceva Virginia Raffaele. Uno sfottò riuscito ma poco gradito. Il Pd si infuriò al punto che due anni fa, dopo una puntata di Ballarò, il membro della commissione di vigilanza Marco Anzaldi scrisse una lettera di protesta all'allora presidente della Rai Anna Maria Tarantola. «Questo non è servizio pubblico». Un autogol mediatico, a cui ha dovuto rimediare la diretta interessata: «Virginia Raffaele è straordinaria. A me piace molto. Sull'imitazione di Ballarò ho riso sopra. Basta polemiche». Pace fatta? Forse, ma da allora le parodie della ministra sembrano sparite dal repertorio della Raffaele, che nemmeno a Sanremo ha indossato i panni di Maria Elena. Suscettibilità dell'una? Cautela dell'altra?

Nel frattempo però la corazza della Boschi è stata incrinata da un episodio più importante di un'imitazione televisiva, lo scandalo di Banca Etruria, in cui suo padre è stato coinvolto, è che da un annetto è diventato indirettamente uno dei suoi punti deboli. E infatti l'altra sera Salvini l'ha attaccata proprio lì, presentandosi a Otto e mezzo con un cartello con scritto 20. Che sarebbero, «tra i truffati di Banca Etruria, gli unici venti che avete rimborsato». Poi ha parlato dei suicidi e delle famiglie rovinate, finché la Boschi si è difesa: «Le svelo un segreto, il referendum non è su mio padre ma sulla riforma». Una buona risposta, una frase d'effetto, che però non cambia le cose.

A due mesi dal voto la regina è costretta a inseguire un Salvini qualsiasi.

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