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Il paradosso dei diritti umani che mette contro Donald e l'Onu

Accuse tra Usa e Nazioni Unite, ma ognuno ha i suoi scheletri

Il paradosso dei diritti umani che mette contro Donald e l'Onu

Picconare le istituzioni internazionali (lo scorso ottobre l'uscita dall'Unesco), snobbare i vertici internazionali (via in anticipo dal G7), smontare pezzo per pezzo le politiche di Obama (ritiro dall'accordo sul clima di Parigi e da quello sul nucleare con l'Iran), entrare in scontro con gli alleati (con la Ue sui dazi, con Merkel sull'immigrazione) e schierarsi con fermezza a favore di Israele infischiandosene di alimentare nuove tensioni in Medio Oriente. Da quando si è insediato Donald Trump ha ribaltato più tavoli di quanti non ne abbia aperti (Nord Corea), rivendicando il ruolo di leader anti-sistema. Ora tocca al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, dal quale gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro definendolo un «organismo ipocrita, che si fa beffa dei diritti umani» ed è «ostile verso Israele». La decisione non sembra casuale. Arriva dopo l'indignazione sulla politica delle autorità Usa alla frontiera con il Messico, dove 2342 bambini sono stati separati dai genitori che tentavano di entrare illegalmente. L'Alto Commissariato Onu per i diritti umani ha definito la pratica «immorale» e «crudele» e Trump replica sbattendo la porta in faccia a chi lo bacchetta per aver violato i diritti umani dei bimbi, salvo poi annunciare un ordine esecutivo per evitare la separazione delle famiglie.

Il leader della Casa Bianca, tuttavia, anche stavolta, con i suoi modi diretti o dozzinali (a seconda di come la si guardi) tocca un nervo scoperto che riguarda le Nazioni Unite. Se è vero che il Consiglio resta un organismo importante per accertare le responsabilità delle violazioni dei diritti umani, è anche vero che Trump ha buon gioco nel cavalcare alcuni paradossi. Tra i 47 membri che compongono il Council ci sono Cuba, Venezuela, Cina e Arabia Saudita, questi ultimi (insieme all'Iran) in cima alla lista dei Paesi che applicano più spudoratamente la pena di morte e nella maniera più feroce (impiccagioni, lapidazioni). Poi c'è la questione delle risoluzioni. Solo l'anno scorso, l'Assemblea generale Onu ne ha adottate 20 contro Israele e 6 sul resto del mondo, inclusi Iran, Siria e Nord Corea. Davvero Israele è il Paese da ammonire più di altri sui diritti umani? Nel 2015 il Consiglio ha chiamato l'ambasciatore saudita all'Onu a presiedere un comitato per scegliere i candidati al ruolo di «esperti» da inviare nei Paesi in cui i diritti umani sono violati. Un po' come affidare una vittima di stupro a uno stupratore. Trump - dicono a ragione i suoi fustigatori, tra cui Amnesty International - piazza gli Stati Uniti sul lato sbagliato della storia.

Ma lui, nel suo stile, rispedisce al mittente le accuse. Svelando un'ipocrisia: chi mette i peggiori violatori dei diritti umani nel ruolo di custodi dei diritti umani, da che parte della storia si piazza?

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