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Paradosso forze dell'ordine: "Arrestiamo e rilasciamo gli stessi per lo stesso reato"

La rapina non è considerata un crimine da carcere. Le difficoltà a espellere gli irregolari, la pianta organica vecchia di 35 anni: tutti i nodi della sicurezza

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L'allarme sicurezza nelle stazioni non stupisce nessuno ma era più che annunciato, frutto di nodi che da anni si ingrandiscono sempre di più e di paradossi ormai intollerabili. I poliziotti hanno paura e sentono di non avere in mano gli strumenti giusti per contrastare criminalità e violenza.

ARRESTI «IMPOSSIBILI»

Ad esempio possono far arrestare una persona solo se il reato è grave. E spesso nemmeno la rapina basta, quasi non fosse sufficiente a giustificare il carcere. Risultato: i delinquenti passano poche ore in questura e poi se ne tornano in giro, reiterando reati che tanto non verranno mai puniti.

«Noi poliziotti dobbiamo limitarci a fare una denuncia a piede libero, rimettendo subito il libertà il denunciato, anche per i reati più gravi - spiega Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp - In questo modo abbiamo le mani legate e ci troviamo in difficoltà anche nel difendere i cittadini, oltre che noi stessi. È necessario agire immediatamente per cambiare la normative a riguardo: chi commette reati violenti, come una rapina, non può essere rimesso in libertà seduta stante, specialmente se sotto l'effetto di stupefacenti. Continuiamo ad arrestare le stesse persone per gli stessi reati, non ha senso». Per questo gli agenti chiedono anche di eliminare sconti di pena per chi commette reati violenti e di non prevedere più forme di pena alternative: se non altro, l'effetto deterrente potrà essere un po' più incisivo.

IL NODO RIMPATRI

Altro problema da risolvere: il rimpatrio degli irregolari. «Ad alcuni politici - spiega Pianese - dobbiamo far capire che il primo passaggio per rimpatriare una persona è chiedere allo stato d'origine, in questo caso il Marocco, il suo riconoscimento. Se l'irregolare non viene riconosciuto, come molto spesso accade, gli diamo un foglio di espulsione che ovviamente lui straccia appena uscito dalla questura. Inizia a usare un altro nome, delinque, chiediamo un nuovo riconoscimento». E via con un altro giro.

Quindi per sbloccare il circolo vizioso è essenziale stipulare accordi con i paesi di provenienza. Cosa che l'attuale governo ha cominciato a fare. Gli ultimi patti sottoscritti per rendere più rapidi e sicuri i rimpatri sono stati con Bangladesh, Camerun, Colombia, Egitto, Perù e Sri Lanka.

LA PIANTA ORGANICA

I problemi di chi cerca di garantire la sicurezza nelle città non finisce qui. La polizia fa i conti con una pianta organica che risale al 1989 e che non è mai stata aggiornata. Tuttavia le esigenze rispetto a 35 anni fa, quando l'Italia ancora non conosceva i flussi migratori, sono ben diverse.

C'è un problema ulteriore: rispetto a quella pianta organica, che prevedeva 107mila poliziotti in campo, mancano 20mila agenti. «Stiamo pagando il prezzo del blocco dei turn over del governo Monti e della legge Madia che ha voluto il taglio degli organici - spiega Pianese - Siamo 98mila, in sotto organico anche perché i colleghi che vanno in pensione non vengono sostituiti».

E vanno benissimo i rinforzi promessi dal Viminale ma serve anche uno sforzo in più. Altrimenti, temono gli agenti in campo, una tragedia potrebbe accadere in qualsiasi momento. Per questo dal sindaco di Milano Beppe Sala, gli agenti si aspettavano solidarietà e non «una polemica becera e sterile utile solo ad avere like sui social.

Dovrebbe rendersi contro, invece, che in questo modo ha svilito la quotidiana dedizione della Polizia di Stato, come dimostrato anche dai drammatici fatti della scorsa notte».

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