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«Parigi era stata avvertita» Caccia al killer in fuga

Adesso c'è la foto segnaletica di un uomo in fuga oltre il confine belga. Lo sguardo inespressivo di Abdeslam Salah è il nuovo incubo di migliaia di poliziotti che lo cercano freneticamente per scongiurare una coda di sangue: il giovane, 26 anni, nato a Bruxelles ma cittadino francese, è l'ottavo terrorista che ha seminato la morte a Parigi. E almeno per ora è riuscito a beffare il gigantesco apparato investigativo messo in campo dopo il massacro: sabato mattina ha varcato senza problemi la frontiera di Cambrai. I gendarmi l'hanno controllato e poi l'hanno lasciato andare a dispetto di tutte le dichiarazioni ufficiali sulla chiusura delle frontiere. Nessuno aveva ancora messo in relazione il suo nome con il massacro. Ora la sua faccia è ovunque insieme all'avviso lanciato dagli investigatori: chi dovesse individuarlo non intervenga per alcun motivo, non provi a fare l'eroe, ma chiami il numero 197. Si sa che personaggi come lui, senza più niente da perdere, sono pronti a morire in combattimento.Certo, il cuore dell'inchiesta sembra spostarsi verso il Belgio e, in particolare, verso l'ormai famigerato quartiere di Molenbeek, il ghetto salafita già al centro di molte indagini sull'eversione negli ultimi anni. Proprio a Molenbeeck è stata ritrovata la macchina del fuggitivo, ma lui si era già nascosto da qualche parte. E però, fra falle e ritardi, si comincia a ricostruire la rete dell'estremismo. La cellula entrata in azione era composta da otto uomini, anche se la contabilità è ancora ballerina: sei si sono fatti saltare in aria, davanti allo stadio e al Bataclan, un settimo è stato abbattuto dalle forze speciali all'interno del teatro, l'ottavo è appunto Salah. Un ricercato, ma anche uno snodo investigativo clamoroso. La sua famiglia è sotto i riflettori: un secondo fratello era fra i kamikaze che si sono fatti esplodere, un terzo è stato fermato in Belgio e, secondo una voce non confermata, starebbe collaborando con gli inquirenti. Di sicuro ci sono i nomi di due dei tre fratelli sui contratti di noleggio dei veicoli immatricolati in Belgio e utilizzati per la carneficina: la Wolkswagen Polo abbandonata davanti al Bataclan, e la Seat Leon ritrovata infine a Montreuil con un carico da brivido mimetizzato in uno zainetto: 3 kalashnikov.Un altro filo dell'indagine porta a Ismael Omar Mostefai, uno dei killer del Bataclan: aveva 29 anni, era nato a Parigi ma da tempo viveva a Chartres. In passato era stato condannato per reati comuni di modesta entità, insomma era un piccolo criminale, poi dal 2010 si era radicalizzato. Era andato in Siria, palestra di una generazione intera di fanatici, ed era finito nei radar dell'intelligence francese che però, ancora una volta aveva sottovalutato il suo spessore, trasformando il suo profilo in una pratica burocratica. E ora, per recuperare il tempo perduto, allarga l'indagine in tutte le direzioni fino a fermare sei familiari del kamikaze. A quanto pare, senza trovare elementi utili per smantellare il network del jihad.Si complica invece il giallo del passaporto siriano ritrovato nei pressi dello Stade de France venerdì sera. Dalla Serbia arriva la conferma che quel passaporto è stato mostrato da un migrante che aveva attraversato il Paese, ma naturalmente nessuno si pronuncia sull'identità dell'uomo perchè di questi tempi in Siria si può comprare un documento senza tanti problemi. E però resta il fatto, inquietante, che l'attentatore si sia mescolato alle folle dei disperati per raggiungere l'Europa.Ma c'è dell'altro: i servizi segreti iracheni sono convinti che ci sia un'organizzazione ben strutturata dietro le bombe e gli spari di Parigi. Un gruppo che avrebbe la sua testa a Raqqa, in Siria, quartier generale dell'Isis. Qui sarebbe stata pianificata la mattanza. Dunque il califfo al-Baghdadi in persona avrebbe dato l'ordine di colpire i paesi della coalizione che bombardano Siria e Iraq. Quindi, anche la Francia. E Parigi sarebbe stata avvisata dell'imminenza del pericolo, ma per una ragione o per l'altra si sarebbe lasciata fuggire la preziosissima informazione come una saponetta. Aprendo un'altra crepa nella sua già traballante credibilità. Il ministro degli esteri iracheno Ibrahim al-Jaafari dà anche i numeri, dettagliati, dell'organigramma stragista: 24 persone, 19 per gli attacchi e 5 con compiti logistici. Nella lista lugubre dei target dopo Parigi ci sono Teheran e Washington.

È la guerra mondiale.

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