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Il Parlamento non serve più: record di decreti gialloverdi

Le statistiche di Openpolis: otto norme su dieci proposte dall'esecutivo. Gli emendamenti ridotti al minimo

Il Parlamento non serve più: record di decreti gialloverdi

L'eclissi del Parlamento. Forse il cambiamento tanto strombazzato dal governo giallo verde è questo e si è già consumato davanti ai nostri occhi: i rappresentanti del popolo eletti alla Camera e al Senato contano sempre meno. La nostra democrazia si è pericolosamente sbilanciata dalla parte dell'esecutivo che fa e disfa sorvolando su un «piccolo» particolare: il potere legislativo dovrebbe essere gestito appunto dal Parlamento.

Nei giorni dell'approvazione della manovra tra le tante proteste dell'opposizione ha avuto particolare risalto il discorso della senatrice Emma Bonino che ha concluso in lacrime il suo j'accuse al governo per aver «umiliato, esautorato, ridotto all'irrilevanza e alla farsa» il Parlamento. Un discorso culminato in un sfogo emotivo ma che affonda le radici in un terreno assai concreto: i fatti dimostrano che con la Lega e i Cinquestelle siamo di fronte all'eclissi del Parlamento. L'analisi di Openpolis cifre alla mano convalida la denuncia della Bonino. Nei primi 6 mesi di governo il Parlamento ha approvato 19 leggi: di queste il 79 per cento sono di iniziativa governativa. Non che siano state molte le leggi approvate fino ad ora, l'analisi infatti rileva come il dato della produzione legislativa sia il più basso paragonato ai governi precedenti con premier Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. In particolare il governo Letta, avviato in condizioni più simili a quello del premier Giuseppe Conte, aveva approvato nello stesso lasso di tempo 26 leggi, ovvero il 40 per cento in più. Addirittura il 63,16 per cento delle leggi approvate dal governo Conte sono state conversioni di decreti del governo, ovvero quasi i due terzi della produzione legislativa. Il peso delle conversioni di decreti legge si evidenzia nel paragone con il governo Letta, 50 per cento; il governo Renzi, 30,36 e il governo Gentiloni, il 16 per cento.

Ma c'è un ulteriore elemento che evidenzia come il ruolo delle Camere sia stato strozzato. Anche di fronte ad un decreto governativo deputati e senatori dovrebbero avere ampia possibilità di intervento attraverso gli emendamenti. Con il governo Letta la media degli emendamenti approvati a provvedimento era 128. Con il governo Conte si precipita a 44. Insomma la possibilità di confrontarsi nel merito e di intervenire modificando le scelte del governo è stata finora quasi irrilevante.

A confermare la scarsa considerazione che il governo giallo-verde ha del Parlamento che evidentemente in gran parte è accondiscendente rispetto alla scelte di Matteo Salvini e Luigi Di Maio c'è il triste destino che fino ad ora è toccato alle leggi di iniziativa parlamentare. È ancora Openpolis ad informarci puntualmente che da quando è iniziata la legislatura sono state depositate 2.326 proposte. Di queste 2.200 sono rimaste al palo, il 94 per cento delle proposte parlamentari è in stallo.

Soltanto il 59 per cento delle proposte è stato assegnato alla commissione competente ma l'esame non è ancora iniziato. Con il governo Conte la percentuale di ddl di iniziativa parlamentare che ha almeno iniziato il suo iter in commissione è del 5,04 per cento.

Altra peculiarità di questo governo è il ritardo con il quale vengono pubblicati in Gazzetta Ufficiale i decreti legge: una media di oltre 8 giorni contro i 4 di Letta.

Ritardo tale da guadagnare un richiamo dal Comitato per la legislazione che ha esortato il governo ad «evitare un eccessivo intervallo di tempo tra la deliberazione di un decreto-legge in Consiglio dei ministri e la sua entrata in vigore» invocando «un più coerente e sistematico utilizzo della possibilità di approvazione dei provvedimenti in prima deliberazione da parte del Consiglio dei ministri «salvo intese» cui dovrebbe far seguito una seconda e definitiva deliberazione».

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