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Partita la "caccia al tesoretto". La maggioranza cerca risorse per tagliare il cuneo fiscale

"Alla ricerca del tesoretto che non c'è". È l'ultima avventura della composita maggioranza del governo Draghi

Partita la "caccia al tesoretto". La maggioranza cerca risorse per tagliare il cuneo fiscale

«Alla ricerca del tesoretto che non c'è». È l'ultima avventura della composita maggioranza del governo Draghi: la caccia a questa fantomatica entità della quale si favoleggia ogniqualvolta l'andamento delle entrate fiscali si annunci migliore delle attese. Il «tesoretto», però, non esiste per un duplice motivo: o finanzia spese correnti oppure (caso raro) può essere dirottato a riduzione del debito.

La politica e anche le parti sociali fanno finta di crederci anche perché rappresenta l'unico modo per dare sostanza all'ultimo proposito velleitario sul quale c'è un accordo universale: il taglio del cuneo fiscale. Lo chiede Confindustria, lo chiede la Cisl, lo chiedono tutti da Forza Italia alla Lega a Pd e Cinque stelle e pure Fdi che non è in maggioranza. Ma per fare chiarezza occorre ricordare le condizioni iniziali e le soluzioni proposte.

Il Def 2022 prevede, all'interno del quadro programmatico, che il rapporto deficit/Pil si mantenga al 5,6% a fronte di una crescita stimata al 3,1%, ma passibile, purtroppo, di ulteriori revisioni al ribasso. Si tratta delle colonne d'Ercole del ministro dell'Economia, Daniele Franco: evitare ulteriori scostamenti per non entrare in un 2023, dove bisognerà cominciare a tirare la cinghia, con le gomme del debito/Pil (visto al 146,8% dal 150,8% del 2021) troppo sgonfie. Senza contare che 10 miliardi in media all'anno nel 2023-2025 saranno spesi per il maggior costo del debito causa rialzo tassi. Non è un caso che parte delle risorse per calmierare bollette e carburanti (oltre 30 miliardi nel complesso) arrivata da una tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche e l'ultimo decreto ha introdotto una nuova tassa sull'import di gas a questo scopo.

La delega fiscale, approvata la scorsa settimana dalla Camera, deve comunque cominciare a essere realizzata. La legge di Bilancio 2023 prevede l'utilizzo di oltre 2 miliardi per cancellare l'Irap sulle società di persone e sui professionisti dopo che quest'anno è stata eliminata per le ditte individuali. Quello che resta andrà ad alleggerire la pressione fiscale sui redditi medio-bassi.

Ma quanto resta? Al momento non si sa. Occorrerà attendere il 30 giugno perché il dipartimento delle Finanze fornisca un primo quadro delle entrate del semestre per impostare la manovra 2023. Al momento si stimano introiti superiori alle stime per oltre 10 miliardi causa impennata dell'Iva e delle imposte dirette (rally favori dal caro-prezzi) e dei versamenti tributari. La Confindustria di Carlo Bonomi suggerisce di utilizzare quasi tutto il maggior gettito 2022 (16 miliardi su 18) per tagliare il cuneo contributivo a chi guadagna meno di 35mila euro lordi garantendo un sollievo da 1.223 euro in media, uno stipendio in più. Matteo Salvini propone un taglio più moderato da 10 miliardi da finanziare e la rivalutazione delle pensioni da finanziare con una «pace fiscale» da 20 miliardi. Il calcolo è giusto: una rottamazione da 20 miliardi, come l'ultima del governo giallo-verde, porta maggiori incassi per circa la metà del suo valore. Però con due problemi: l'incasso è spalmato negli anni di rateazione e il condono fa diminuire la compliance (i contribuenti non versano il dovuto in attesa della cartella da rottamare; ndr).

Ultima domanda: quale taglio del cuneo? Lo sgravio dello 0,8% sui contributi della manovra 2022 vale 1,5 miliardi. Ridurre le aliquote Irpef a tre (23, 33 e 43%), come previsto dalla delega, costa 4 miliardi. Se, però, i prezzi energetici dovessero restare elevati, mancherebbero le risorse.

E sicuramente la sinistra tornerebbe ancora una volta a parlare di patrimoniale.

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