Cultura e Spettacoli

Pasolini immortale Fu un simbolo ma scrisse banalità

Pasolini immortale per aver scritto banalità

Pasolini immortale Fu un simbolo ma scrisse banalità

Pier Paolo Pasolini oggi avrebbe 93 anni. Se fosse vivo. Invece morì nel 1975, quando ne aveva 53, essendo nato nel 1922. Fu ammazzato ad Ostia da un giovanotto, un prostituto. Gli omosessuali esistono da sempre, pertanto esistevano anche allora. Pagavano per godere e talvolta morivano non di piacere, ma assassinati da chi glielo dava. Succede anche adesso, ma meno di ieri, perché la società, come si dice, si è evoluta e non considera più i gay gente strana che si può uccidere senza creare troppa disapprovazione nella pubblica opinione.

In ogni caso, Pasolini non meritava di finire come è finito. Era un uomo intelligente, geniale, un intellettuale eclettico, un artista che all'epoca, però, non era accettato da tutti. Era un poeta, ma nessuno ne rammenta un verso. Era un ottimo scrittore, ma i suoi romanzi, per esempio Ragazzi di vita , non furono accolti con entusiasmo dalla critica a causa della povertà (realistica) della prosa. Era un eccellente regista, ma i suoi film non ottennero un successo pari al loro valore.

Perché? Pasolini nacque troppo presto rispetto alla moda odierna. Non fu compreso nella sua complessità dalla massa. Soltanto le persone colte ne afferrarono in parte la preziosità. I conservatori lo detestavano, considerandolo inabile a una scrittura nobile, aulica, e incline a disprezzare la cultura del tempo, ancora legata a vecchi schemi secondo i quali la letteratura era un campo riservato ai letterati virtuosi, non a chi avesse qualcosa di importante da raccontare. A distanza di 40 anni dalla sua morte, il poliedrico artista viene celebrato dai media come un grande del secolo scorso, uno dei personaggi più influenti e decisivi di quel tribolato periodo, attraversato da scontri sociali, lotte armate, fermenti rivoluzionari eccetera.

Non c'è giornale che non abbia riservato in queste settimane paginate e paginate per commemorarlo. È cambiato il clima, è cambiata la mentalità; pochi rammentano le opere dell'artista, ma non importa: si è affermato il concetto che egli sia stato e rimanga un uomo di inarrivabile spessore. Ottimo. Ne siamo contenti. Tuttavia non possiamo sottacere che di costui si sa poco. Chi ha letto i suoi libri? Chi ha visto la sua produzione cinematografica abbondante? Diciamo la verità, che notoriamente fa male: di Pasolini si ricorda soprattutto un famoso articolo scritto per il Corriere della Sera, all'inizio degli anni Settanta, allorché commentò l'uccisione di un poliziotto durante una manifestazione comunista. L'autore, assunto quale editorialista dal giornalone milanese per volontà dell'allora direttore, Piero Ottone (che non soffriva della concorrenza di Repubblica, non ancora in edicola), se ne uscì con una considerazione assolutamente inattesa.

Questa: i proletari che aspirano alla rivoluzione non possono prendersela con gli agenti dell'ordine pubblico in quanto, a loro volta, sono proletari, figli di povera gente, contadini del Sud, quindi compagni e non avversari dei comunisti impegnati e sovvertire il potere dominante. L'articolo scosse la sinistra e, in particolare, i capi popolo. E segnò un punto di svolta: le classi meno abbienti non devono farsi la guerra, ma farla insieme a coloro che comandano a Roma. Un'ovvietà. Una banalità.

Chiunque infatti era al corrente che poliziotti e carabinieri non fossero borghesucci e, di conseguenza, erano degni del rispetto riservato agli operai. Un particolare scontato sul quale, tuttavia, nessuno aveva riflettuto. Cosicché Pasolini si affermò per aver scoperto l'acqua calda. E si continua a parlare di lui per questo, non per altro, a dimostrazione che gli intellettuali diventano icone soltanto quando sfondano porte aperte. Per il resto, non c'è anima che si accorga di loro. Pasolini poi, volendo dirla tutta, scrisse anche un altro articolo indimenticabile in cui affermava che la Democrazia cristiana andasse processata in piazza, essendo colpevole di tutte le porcherie italiane, quelle che impedivano al Paese di adottare una dittatura marxista. Un pezzo ignobile (profetico di Mani pulite) che, però, gli valse l'immortalità.

E ciò la dice lunga sulla capacità di giudizio dei connazionali dell'epoca e forse anche di quelli contemporanei.

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