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"È un pasticcio, noi fuori". Ma Berlusconi resta in attesa

Il Cav vede Conte, poi non rilascia dichiarazioni. A Salvini dice: sui ministri fatti sentire con Di Maio

"È un pasticcio, noi fuori". Ma Berlusconi resta in attesa

Non una parola di Silvio Berlusconi, dopo il primo faccia a faccia a Montecitorio con Giuseppe Conte, il premier incaricato che il Cav non ritiene all'altezza del compito.

La linea non cambia: è opposizione decisa al governo giallo-verde, che non avrà la fiducia di Forza Italia, ma che non ostacolerà i provvedimenti che fanno parte del programma del centrodestra. Alla guida della delegazione formata dai capigruppo Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini, il leader azzurro è cordiale con Conte, col sorriso sulle labbra fa le sue critiche, esprime preoccupazione per diversi punti del «contratto» di governo. «Per noi - dice - sono inaccettabili l'immobilismo delle opere pubbliche, l'eccesso di giustizialismo, la politica industriale relegata a poche righe del programma. Non possiamo condividere la filosofia di base del contratto. Ma siamo responsabili, faremo opposizione ferma, non preconcetta, valuteremo provvedimento per provvedimento». Alla fine, l'ex-premier augura a Conte «buon lavoro, nell'interesse dell'Italia».

Quando va via, però, non sposta una virgola nella posizione annunciata prima della consultazione. I «primi segnali del governo Conte non sono affatto incoraggianti», né sulla «formula politica, né sui confini programmatici».

Uscito dalla sala delle consultazioni Berlusconi attraversa il corridoio dei Busti ed entra in quella di fronte, dove lo aspetta Matteo Salvini. Una decina di minuti in cui l'ex-premier smorza i toni, dice persino che ha avuto una «buona impressione» di Conte, però va dritto al sodo: «Devi farti sentire con Di Maio almeno sulla scelta dei ministri chiave». E l'altro, accomodante: «Ti garantisco il mio impegno». La distanza tra i due rimane, soprattutto perché il leader di Fi sospetta sempre di più che l'alleanza Lega-M5s non sia ristretta ad una breve parentesi, ma abbia prospettive ben più ampie, che probabilmente emergeranno anche nelle prossime amministrative del 10 giugno.

Per spiegare la scelta dell'opposizione Berlusconi sottolinea due principali ostacoli. Il primo è «l'incompatibilità» con una forza politica come il M5s, il secondo nasce dal programma che per il Cav pende tutto verso il M5s ed è «gravemente insufficiente», sembra «per metà un ingenuo libro dei sogni e per metà contiene scelte preoccupanti, dalle infrastrutture alla giustizia». Il partito voterà no alla fiducia «di un governo che - al di là dei nomi - porta chiarissimo il segno dell'ideologia pauperista e giustizialista dei grillini».

Al tempo stesso, il leader azzurro ci tiene a ricordare che proprio «l'atteggiamento responsabile di Fi, che ha rinunciato a porre veti o pregiudiziali, è stato determinante» per la nascita di questo governo. Come dire, mi sono messo da parte per il bene del Paese.

In serata il Cav torna a palazzo Grazioli, dove si confronta con il suo stato maggiore, da Gianni Letta a Niccolo Ghedini, al presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani. Ci sono anche Simone Baldelli e la vicepresidente della Camera Maria Carfagna, che spiega: «Faremo un'opposizione intelligente, costruttiva. Voteremo a favore dei provvedimenti che riteniamo utili al Paese, come Flat tax e legittima difesa, e ci opporremo a quelli che riterremo dannosi». Che non ci sia corrispondenza tra i «punti fondanti del contratto» e la visione di Fi e del centrodestra, lo scrive su Facebook anche la Gelmini.

«Abbiamo ribadito a Conte un'opposizione ferma», fa sapere la Bernini, sottolineando le «contraddizioni tra filosofia, programmi e popolo di Lega e M5s». Come faranno, intende, a governare insieme?

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