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Il Pd ancora spaccato Zingaretti in affanno

Il segreterio ora apre all'idea di un governo di legislatura, ma in verità spera che salti tutto

Il Pd ancora spaccato Zingaretti in affanno

Il punto di svolta, spiegano nel Pd i fautori del «governissimo», potrebbe essere oggi. Se una maggioranza «tecnica» di Dem, Cinque Stelle, Leu, Radicali e altri gruppuscoli approverà il calendario che prevede per il 20 le comunicazioni (e successive dimissioni) del premier Conte, la strada per evitare le urne sarà aperta.

«La Casellati pensa di aver fatto felice Salvini - dice Matteo Renzi - ma renderà plastico che Capitan Fracassa è in minoranza». Quel voto, pur tecnico, spiegano i suoi, renderà «palese che esiste una maggioranza alternativa possibile». A quel punto Nicola Zingaretti dovrà decidere come posizionare il suo partito. Per il momento il segretario è strattonato da un lato dai supporter del voto tutto maledetto e subito (Andrea Orlando), che è anche la sua idea, e dall'altro pressato da «governisti» della sua stessa maggioranza (Prodi, Veltroni, Bettini, Letta, Franceschini ecc.). A smuovere ulteriormente le acque è arrivata anche la minaccia di scissione di Matteo Renzi, che ha fatto trapelare di essere pronto a costituire i suoi gruppi (si parla di 20 senatori e 30 deputati) separando «amichevolmente» le sua strada da quella della «Ditta» rediviva. Una minaccia che, spiegano in molti, serve soprattutto ad alzare il pressing sul segretario perché si decida ad avallare la strada verso un «governo di legislatura». Al quale ieri Zingaretti ha fatto caute aperture attraverso i suoi, con la vicesegretaria Paola De Micheli che critica l'idea renziana di un governo per fare la manovra, ma aggiunge: «Altra cosa sarebbe stato proporre un governo di legislatura, con un processo politico che passasse anche attraverso la piena assunzione di responsabilità del M5S».

Ma sono aperture, sottolineano i suoi, solo di facciata, anche perché il segretario non può mettersi contro la base parlamentare e i big del suo partito, né farsi accusare di aver provocato una scissione alla vigilia di importanti elezioni regionali. In cuor suo, Zingaretti resta certo - in sintonia con Salvini - che le sospirate elezioni siano ancora a portata di mano. A partire da un assunto: che i Cinque Stelle, che pure vorrebbero disperatamente far proseguire la legislatura e sono disposti per questo a fare accordi con chiunque, siano «troppo idioti» (dice un dirigente Pd) per avere la duttilità necessaria. «Se cominciano, come ieri hanno fatto, a dire che parlano con Zingaretti ma non con Renzi, e che vogliono il no alla Tav e pure la riduzione dei parlamentari, è inevitabile che salti tutto». E comunque, quando si arrivasse al dunque e se partisse una trattativa, il segretario del Pd avrebbe la possibilità di alzare l'asticella al punto da rendere impossibile ai Cinque Stelle saltarla.

Questa la versione zingarettiana. Quella dei suoi antagonisti renziani, in un giorno in cui le due parti hanno continuato a scambiarsi male parole via agenzie, è ovviamente diversa: «Zingaretti è nel pallone, teme la scissione e non si aspettava che nella sua maggioranza spuntassero così tanti governisti: per le elezioni anticipate ci sono solo gli orlandiani con lui. Persino la Cgil di Landini è per il governo».

E se andasse in porto l'operazione, che Renzi ha per primo lanciata, l'ex premier avrebbe anche il tempo di lavorare alla costruzione della sua nuova formazione.

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