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Pd in cerca di leader: Renzi resta in attesa ma pensa alla scissione

La convinzione dei dem: «Ombre russe dietro l'accelerazione di Salvini»

Pd in cerca di leader: Renzi resta in attesa ma pensa alla scissione

Ventiquattr'ore sulle montagne russe, a compulsare le agenzie, telefonare al Quirinale, mandare messaggini al leghista Molinari piuttosto che al grillino Di Maio per cercare di capire che succede. Ricevendo risposte sibilline: «Ogni scenario è aperto»; «La situazione non è brutta, è bruttissima» e via così.

Per i dirigenti del Pd, costretti dall'opposizione a fare da spettatori alle convulsioni della maggioranza, quella di ieri non è stata una giornata facile. Non che questo abbia abbassato il tasso di litigiosità interna: per tutto il giorno renziani e calendiani si sono accapigliati sui social, rinfacciandosi ancora il caso Tav: bisognava uscire dall'aula e provocare una crisi, dice Calenda. Bisognava difendere la Tav e dimostrare la crisi della maggioranza, replicano i renziani. La crisi, a prescindere da qualsiasi corrente Pd, c'è stata comunque, e ora i dem si interrogano sul che fare.

Al segretario Zingaretti le possibili elezioni anticipate non dispiacciono troppo, nonostante il timore di un exploit salviniano, anche perché gli consentirebbero di farsi gruppi parlamentari più fedeli e meno renziani.

Su ciò che farà Renzi è nebbia fitta, anche tra i suoi più stretti collaboratori: l'ex premier, annusata l'aria elettorale, lascia cadere accenni sulla possibilità di farsi un nuovo partito, e intanto lancia una campagna (di sapore elettorale) in difesa degli 80 euro da lui introdotti. Gli zingarettiani vedrebbero di buon occhio la fuoriuscita di chi «sa solo mettere i bastoni tra le ruote». Se si va al voto, ragionano, bisogna costruire una coalizione: anche con il partito di Renzi, se ci sarà. E a quel punto, potrebbero esserci le primarie per il candidato premier: Zingaretti assicura che indicherà «la persona più adatta», e ha già garantito l'indicazione a Paolo Gentiloni. Ma non mancano altri aspiranti, dal sindaco di Milano Sala a Carlo Calenda. Senza contare che lo stesso segretario potrebbe resistere al passo indietro, visto che per statuto la candidatura spetterebbe a lui.

«Siamo pronti alla sfida - annuncia - nelle prossime elezioni non si deciderà solo quale governo, ma anche il destino della nostra democrazia e la sua collocazione internazionale. Chiamiamo a raccolta tutti coloro che intendono fermare idee e personaggi pericolosi», dice. E la sua vice Paola De Micheli, getta un sospetto pesante sulle vere ragioni della improvvisa accelerazione di Salvini: «Sta alimentando il caos per oscurare l'affaire Savoini e le nuove rivelazioni che stanno arrivando?». Un nuovo scoop di Buzzfeed, infatti, ha rivelato proprio ieri che il braccio destro di Salvini sarebbe volato addirittura 14 volte in Russia intorno alla data del famoso incontro del Metropol, dove avrebbe tentato un'operazione per far arrivare fondi neri milionari alla Lega. Strani viaggi, anche perché non registrati dal ministero degli Interni russo, come se l'uomo godesse di uno status particolare. Il Pd sottolinea che nelle stesse missioni a Mosca sarebbe coinvolto «un altro collaboratore del ministro Salvini».

E insinua il dubbio cupo che si tratti di una crisi «moscovita».

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