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Pd e 5s ora flirtano pure in periferia

Capriola in vista: prove di intesa a Roma con l'(ex) odiata Raggi. Il nodo Regionali

Pd e 5s ora flirtano pure in periferia

Dalla Sicilia al Piemonte. Le manovre locali sono partite a razzo ai primi cenni di intesa nazionale: dove il Pd è a dieta di potere da troppo, è corte serrata al M5s. E le maggioranze grilline rispondono flirtando in laddove hanno bisogno di aiutini per tirare a campare.

Il caso simbolo è Roma. Ancora il primo settembre, il capogruppo dem in consiglio comunale Giulio Pelonzi sbarrava la strada a schiena dritta: «Nessuna intesa con un'amministrazione fallimentare». Tre giorni dopo, a governo fatto, recuperava la flessibilità vertebrale e chiedeva «discontinuità anche a Roma». Venerdì scorso era già in Campidoglio per trattare con Virginia Raggi. E pazienza per le buche e i bus in fiamme. Summit andato male, ma Pelonzi non desiste: «Ci rivolgeremo al governo».

Sul versante 5s a spingere per l'abbraccio è l'«anti Raggi» Roberta Lombardi, già avversaria di Nicola Zingaretti alle elezioni regionali, ma lestissima poi a puntellarne la fragile maggioranza. E ora, intervistata da RomaToday su un possibile accordo locale con il Pd, lo auspica in un politichese che manco Forlani: «Vorrei che si aprisse una stagione diversa della politica, che si passasse dalla contrapposizione al confronto».

La partita è complessa: la sindaca Raggi chiede soldi e maggiori poteri e ha ottenuto che il tema finisse nel programma di governo, sia pure all'ultimo punto. Il Pd romano ha bisogno di riattivare i legami consociativi spezzati dopo l'inchiesta Mafia capitale e il ciclone grillino. La giunta Raggi si è scagliata contro attività nate grazie a spazi e risorse pubbliche distribuite ad ambienti politicamente amici dal Campidoglio a guida Pd senza troppo badare alle formalità: così facendo ha spesso distrutto senza costruire e ha finito con il desertificare il tessuto associativo e imprenditoriale dell'Urbe. Il Pd vorrebbe un proprio uomo sottosegretario per Roma capitale, commissariando la Raggi. Il match e si incrocia con i delicati equilibri giallorossi, già provati dalle fibrillazioni: ieri Zingaretti per la prima volta ha citato lo «scisma renziano» per esorcizzarlo: «Sarebbe lacerante e incomprensibile».

A Torino la situazione è rovesciata. Qui a parlare di possibili aperture è stata Chiara Appendino, a capo di una maggioranza sempre più risicata e grande fan dell'accordo a livello nazionale, tanto da fornire al nuovo governo un ministro, l'assessore all'Innovazione Paola Pisano. Ma il Pd torinese al momento pare meno disponibile di quello romano. «Ci sono grandi pressioni -dice Stefano Esposito, esponente piemontese del Pd che è stato anche assessore nella capitale con Ignazio Marino- io trovo surreale la sola idea che il Pd valuti di sostenere giunte come quelle di Raggi e Appendino. Comunque il banco di prova saranno le elezioni regionali». E in effetti è proprio l'Umbria, dove si voterà a ottobre, la piazza dove si lavora più intensamente verso un'intesa contro il centrodestra. Madrina è il ministro Pd alle Infrastrutture Paola De Micheli, ma anche il segretario regionale Walter Verini è molto attivo. In Calabria (al voto a novembre) l'ostacolo sono i guai giudiziari del governatore Pd uscente Mario Oliverio. Ed ecco che il nuovo capogruppo dem Giuseppe Giordano si affretta a scaricarlo sottolineando le «occasioni perse» dalla sua giunta.

Tante altre piazze sono in fibrillazione. Dalla Sicilia, dove in Regione M5s e Pd fanno ostruzionismo insieme contro il bilancio, alla Toscana, dove addirittura si accordano sulle grandi opere, alla Liguria dove la Pd Raffaella Paita ha rimosso gli insulti ricevuti dai grillini. E il divieto di alleanze elettorali nello Statuto M5s? Quisquilie sistemabili con una mano di vernice Rousseau.

Twitter: giuseppemarino_

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