Politica

Pd, scissione in corso Fassina: «La fanno gli iscritti e gli elettori»

L'ex segretario Bersani rincara la dose: "Non vorrei che ognuno s'inventasse una 'cosa'. Serve un partito plurale e senza padroni"

Pd, scissione in corso Fassina: «La fanno gli iscritti e gli elettori»

Minoranza interna e Ncd: due spine nel fianco di Renzi. Dalle riforma costituzionale al lavoro passando per la legge di stabilità: non c’è provvedimento di Palazzo Chigi che non sollevi un vespaio di polemiche nella sinistra piddina. Ma dove porteranno i mal di pancia? C’è una parola tabù a sinistra: scissione. Si fa? Non si fa? Non si sa. Furbescamente l’uomo di punta della minoranza Pd, Stefano Fassina, la evoca con un escamotage: nei fatti la stanno già facendo gli elettori. Sconfitti in direzione, sfiancati in Parlamento, gli antirenziani sventolano i dati delle tessere che calano. Lo ha fatto ieri Fassina da Cernobbio, uno che sul jobs act era tentato dallo strappo col premier. Siccome l’operazione è a rischio, meglio soprassedere; sventolandone lo spauracchio: «Purtroppo c’è una scissione già in corso. Ci sono decine di migliaia di iscritti al Pd e anche di elettori che se ne stanno andando o se ne sono andati - dice grave - C’è una scissione silenziosa che va avanti e che rischia di indebolire molto il Pd». E pure Bersani la evoca senza citarla: «Non vorrei che ognuno si facesse la sua cosa. Adesso tocca a noi, dobbiamo essere un partito unito, plurale e senza padroni». Entrambi minacciano sfracelli: miglioreremo la legge di stabilità in Parlamento, dicono in coro.

Ma le grane non vengono mai sole; così ecco fresca quella targata Ndc. Sì perché ora Alfano, sulle alleanze, ricatta Renzi: prendici o il governo rischia. Giovedì sera, largo del Nazareno, sede del Pd. Entrano Lorenzo Cesa e Gaetano Quagliariello, rispettivamente leader dell'Udc e colonnello di Ncd. Al quartier generale renziano si sta discutendo di alleanze in Calabria dove ha appena vinto le primarie Mario Oliverio, comunista doc, che ha sorprendentemente battuto il renziano Gianluca Callipo. Il problema è che, con Berlusconi che ha chiuso la porta all'intesa con i centristi, Ncd e Udc si ritrovano soli e con sondaggi da brivido in mano. Ergo, ecco che Alfano ha mandato Quagliariello a trattare con il Pd, accompagnato da Cesa: «Facciamo un'alleanza», è la richiesta dei due. Dall'altra parte ci sono il renziano Lorenzo Guerini, il segretario regionale Ernesto Magorno, Nico Stumpo, Marco Minniti e, appunto, Oliverio. Per Guerini, Oliverio dovrebbe accettare l'appoggio centrista ma il piddino non ci sente. «Ma come faccio? I miei elettori non capirebbero. Serve discontinuità col governo precedente». Oliverio non vuole avere niente a che fare con membri della giunta uscente ma soprattutto con Gentile, uomo forte dell'Ncd in Calabria. Ed ecco la minaccia di Quagliariello e Cesa: «Ma non capite che se non accettate l'alleanza con noi, Gentile e i suoi se ne vanno? E a rischiare sarà il governo Renzi. È questo che volete?». Oliverio non si fa impressionare: «Mi state dicendo che siete sotto ricatto? Beh, io non intendo cedere alla politica dei ricattatori». Insomma, Quagliariello e Cesa si prendono la porta sul muso ma soprattutto ammettono: senza accordo in Calabria, Gentile potrà dire addio all'Ncd. E con lui si presume lo facciano gli altri senatori calabresi: Nino D'Ascola, Piero Aiello, Giovanni Bilardi e forse l'amico lucano Guido Viceconte. Cinque senatori in meno e pallottoliere da tirare fuori di continuo a palazzo Chigi. Una vera e propria bomba pronta a esplodere nella polveriera calabra. Gentile, ovviamente, smentisce ogni spostamento dalla base alfaniana ma tra gli enneciddini le acque sono agitate. Infatti ieri Nazzareno Salerno, assessore al Lavoro della Regione, ha lasciato Ncd per gli azzurri.

Salerno non è vicino a Gentile ma a Scopelliti che in tanti danno già praticamente rientrato in Fi.

Commenti