Politica

Il Pd si divide sulle urne. Renzi vuole accelerare per fare saltare le riforme

Scontro fra Rosato, uomo del segretario, e Zanda, vicino a Franceschini. Il nodo della legge elettorale

Il Pd si divide sulle urne. Renzi vuole accelerare per fare saltare le riforme

Chiuso (tra malumori e diffidenze che restano) lo scontro nel governo su Ong e migranti, già si prepara una nuova, infuocata partita. Che dal prossimo settembre vedrà due protagonisti: il segretario del Pd da una parte, il presidente della Repubblica dall'altra. In mezzo, prevedibilmente strattonato da una parte e dall'altra, il premier Paolo Gentiloni.

L'oggetto della prossima, definitiva battaglia è uno solo: la data delle elezioni politiche. E il sospetto di Matteo Renzi, che vorrebbe chiudere la partita a fine anno e andare finalmente al voto, è che si stia lavorando per rendere questa legislatura la più lunga della storia, allo scopo di logorarlo e tentare di imporgli una legge elettorale che non vuole perché «sarebbe solo a danno del Pd», spiegano i suoi. I segnali dello scontro già ci sono tutti, e vedono singolarmente schierati su posizioni opposte i due capigruppo dl Pd: Ettore Rosato ha detto a chiare lettere che la Finanziaria sarà l'ultimo impegno di questo Parlamento, che è quel che pensa anche Renzi. Ma il suo omologo di Palazzo Madama Luigi Zanda gli ha subito risposto che no, ci son ancora molte cose da fare, a cominciare dallo ius soli, e dunque la legislatura finirà «non prima di febbraio o marzo». Zanda è considerato vicino a Dario Franceschini, frondista Pd, ma in questo caso - dicono i ben informati - dà voce ai desiderata del Colle. Che in autunno, paventano al Nazareno, potrebbe lanciare un nuovo appello a modificare la legge elettorale: il segnale che lo scioglimento delle Camere potrebbe slittare in avanti. La differenza, apparentemente di poche settimane (sciogliere a dicembre o a marzo), è in realtà politicamente pesante. Sciogliere subito dopo la Finanziaria, a fine anno, vuol dire votare a marzo e vuole dire anche che i tempi per votate una qualsiasi legge elettorale non ci sarebbero. Sciogliere a marzo vorrebbe dire votare ad aprile-maggio e avere il tempo per provare a farla. E il problema è che, una volta votata la Finanziaria (e il successivo Milleproroghe), ogni vincolo di maggioranza in Parlamento salterebbe, e si potrebbero creare schieramenti trasversali imprevedibili. I guai, per Renzi, vengono proprio dal suo partito: moltissimi dirigenti e parlamentari Pd, preoccupati per il proprio futuro, vogliono innanzitutto togliere a Renzi il potere di fare le liste elettorali, e sono pronti ad accordarsi con il centrodestra e Berlusconi sull'ipotesi di premio alla coalizione. Quanto a Mdp, pur di creare problemi a Renzi sono pronti a rinunciare al minacciato «strappo» col governo, e a votare qualsiasi Finanziaria venga proposta.

C'è un unico alleato che potrebbe risolvere la partita in favore di Renzi, ed è il premier. «Basterebbe che Paolo Gentiloni dicesse che con l'approvazione della legge di bilancio il compito del governo è esaurito, e sarebbe fatta», osserva un parlamentare. A Palazzo Chigi non hanno problemi ad ammettere che con la Finanziaria «abbiamo finito», e che non c'è alcun problema a votare anche in febbraio. Ma se il capo dello Stato chiede correzioni alla legge elettorale, anche tramite un decreto del governo, serve comunque un Parlamento in carica per vararlo, si osserva. Dunque, la data di scioglimento dipende solo dal Quirinale, è la conclusione.

La partita che inizierà in autunno sulla fine della legislatura sarà dunque incandescente.

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