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Il Pd sprofonda nel caos E il governo rischia sulla legge elettorale

Democratici ko in commissione al Senato Orfini e Guerini si precipitano da Gentiloni

Il Pd sprofonda nel caos E il governo rischia sulla legge elettorale

«È come il colpo di pistola di Sarajevo».

Fatte le debite proporzioni, la battuta di un alto dirigente del Pd la dice lunga sulla gravità di quanto accaduto ieri in commissione Affari costituzionali del Senato, dove il candidato presidente del Pd, chiamato a sostituire Anna Finocchiaro, è stato bocciato e - con i voti delle opposizioni e di pezzi sparsi di maggioranza (due scissionisti di Mdp, un Ap e due del Misto) è stato eletto l'alfaniano Torrisi.

Matteo Renzi è furibondo per l'accaduto e con i suoi parla di «fatto enorme», che apre un problema nella maggioranza. Che al Senato «non c'è più», dicono dal Pd. Il presidente della commissione è quello che avrà in mano l'iter della legge elettorale, e potrà determinarne i tempi e le sorti, e l'ex premier è convinto che nel voto di ieri si sia saldato il fronte proporzionalista: «Alla Camera non hanno i voti, ma hanno studiato questa mossa per bloccare tutto al Senato. È la dimostrazione che così la riforma non si farà mai».

L'«incidente» nel pomeriggio di ieri ha fatto salire al tensione, fino a far temere la crisi di governo e le elezioni anticipate. «Meglio votare a giugno che trascinarsi così fino all'anno prossimo: nelle commissioni del Senato non passa più nulla, con Mpd che fa sempre sponda alle opposizioni», dicono nei capannelli di parlamentari renziani. Dalle opposizioni replicano che è Renzi a «cercare l'incidente» per correre al voto. Il Pd chiede incontri sia al premier Gentiloni che al capo dello Stato Mattarella (che però fa trapelare di ritenere la questione «squisitamente parlamentare» e di lavarsene le mani) per ottenere un chiarimento politico. «Quanto è accaduto è gravissimo dal punto di vista politico», dice Lorenzo Guerini, vicesegretario Pd. Gli fa eco durissimo Matteo Orfini: «Un vulnus molto grave, e bisogna vedere se è possibile rimarginarlo». I due esponenti del vertice Pd salgono in serata a Palazzo Chigi per discutere del da farsi con il premier. Ma anche lo sfidante di Renzi, Andrea Orlando, lancia l'allarme: «Mi auguro che il vulnus sia sanato rapidamente, non si può stare in maggioranza e votare con le opposizioni».

E la tensione sale al punto che Angelino Alfano - pressato dallo stesso Gentiloni - ingiunge pubblicamente al suo senatore Torrisi di dimettersi: «La modalità di elezione, espressione in larga misura del voto delle opposizioni, ci induce a chiedere all'interessato la rinuncia all'incarico», dice il ministro degli Esteri. Proprio negli stessi minuti in cui, invece, il presidente del Senato Grasso si mette di traverso e blinda Torrisi, alimentando lo scontro: «È una tempesta in un bicchier d'acqua, è stato eletto democraticamente». E Torrisi si lega alla poltrona: piuttosto che dimettersi promette di passare al gruppo misto. E Alfano fa sapere che sarà espulso da Ncd.

A creare fibrillazioni nel Pd ieri ci si è messa anche l'anticipazione di un'intervista di Matteo Renzi a Panorama. «Se perdo me ne vado sul serio», è il titolo del settimanale. «Mai detto», smentisce Renzi. «Ho solo spiegato che senza voti non c'è impegno politico».

Andrea Marcenaro, autore dell'intervista, conferma la versione di Renzi, ma intanto il titolo ha fatto il giro dei media.

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